La fotografia dello spaccato di imprese che non conosce crisi ed aumenta il volume di affari utilizzando cultura e connettività.

Non solo notizie negative [leggi ad esempio qui]. Il quadro economico italiano offre anche spunti che inducono a note di ottimismo. Chissà quanto è chiaro a certe fasce di popolazione più mature (e insediate in punti apicali di governo e amministrazione centrale), ma una specifica modalità di fare impresa e affari non conosce crisi: l’e-commerce. La produzione industriale si contrae, il fatturato cala, il PIL diminuisce guardando al quadro complessivo italiano. Succede il contrario se si usa la lente di ingrandimento per dettagliare gli andamenti dello spaccato del commercio che viaggia via click e spedizioni espresso.

L’e-commerce è appena il 2.2% del valore totale del “commerce” italiano ma diamine se cresce. Questo il trend del fatturato delle aziende italiane che fanno e-commerce:

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Il percorso di crescita, a differenza di quanto accaduto nel 2009, è insensibile alla crisi economica. Il dettaglio per tipologia industriale è particolarmente interessante perché evidenzia come anche nel 2012 i beni fisici aumenteranno più dei servizi (+24% vs +16%):

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Per l’abbigliamento è un vero e proprio boom: la quota sull’e-commerce passa dal 3% del 2007 all’11% previsto nel 2012.

Il fatturato dell’e-commerce destinato all’export nel 2012 è previsto in 1,626 miliardi di euro, in aumento del 21% rispetto al 2011. E chi farà la parte del leone? Ovviamente i servizi con il turismo, con il 55% del totale, e ancora i prodotti con l’abbigliamento, con una quota del 33%.

Ma non finisce qui. Una cosa è il fatturato prodotto dalle aziende italiane tramite e-commerce ed un’altra il valore degli acquisti in e-commerce degli italiani. Infatti il web non pone limiti geografici alle possibilità di acquisto: dalla più sperduta provincia italiana si può comprare in qualunque parte del mondo. Bene, il valore degli acquisti online degli italiani segue anch’esso un trend nettamente crescente:

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Facciamo due conti. Le aziende italiane nel 2012 fattureranno 9,5 miliardi in e-commerce, dei quali 1,6 destinati all’export, mentre gli italiani acquisteranno con la stessa modalità per un controvalore di quasi 10,8 miliardi. Vuol dire che ci sono quasi 2,9 miliardi di acquisti nazionali che vanno nel conto economico di aziende non italiane. A voler fare i markettari, si tratta di “bisogni” non soddisfatti da aziende locali… quote di mercato da aggredire, avendo capacità imprenditoriali da mettere sul piatto.

Ultimo grafico dedicato allo scenario evolutivo. Non pensiate che le vendite elettroniche siano una bolla passeggera. Se quello che accade in altri paesi culturalmente più pronti dal punto di vista informatico è una traccia valida, allora vuol dire che la crescita dell’e-commerce in Italia è solo ai primi passi. Leggere, per credere, quanto vale la quota di commercio elettronico in alcuni settori nel 2011 nel nostro paese, nella Unione Europea e negli Stati Uniti:

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Nota: i dati qui presentati sono tratti dalle analisi congiunte di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, e dell’osservatorio e-commerce del Politecnico di Milano.

Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

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