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La democrazia vera è sempre di più un’isola in mezzo al mare in tempesta. Oggi riconquistare spazi democratici e sostenere chi si batte per i nostri valori, senza ambiguità e senza fare prevalere sempre gli interessi economici, diventa rivoluzionario.

Sono tempi bui per la democrazia nel mondo. Prima ancora di disquisire su destra o sinistra, c’è una riflessione urgente da fare sulla democrazia senza la quale ogni discussione cambia radicalmente di tono.

All’indomani della caduta del Muro di Berlino, la democrazia pareva il destino ineluttabile dell’umanità insieme all’economia globalizzata di mercato: ma quell’illusione viene smentita ogni giorno dai fatti. Sarà perché la globalizzazione non era in sé tanto democratica, e ha creato due categorie, di vincitori e di perdenti, senza possibilità d’appello. Sarà anche perché, per entrare nel club dei vincitori, non è stato mai richiesto un passe-partout democratico. Anzi, non a caso, i primi e fondamentali passi per dare il via al processo globale furono mossi verso la Cina, diventata oggi una potenza mondiale pur avendo mantenuto gli stessi livelli di autoritarismo di un tempo.

E così è accaduto che, mentre nei Paesi democratici le riforme imprescindibili per agganciarsi al carro della globalizzazione si sono tradotte in un calo notevole dei diritti sociali, nei Paesi guidati da regimi autoritari la crescita economica ha consolidato le strutture di potere senza metterle in discussione.

La crescita economica non coincide necessariamente con l’aumento delle libertà individuali e collettive

Appurato che la crescita economica non coincide necessariamente con l’aumento delle libertà individuali e collettive, bisogna aggiungere che oggi la democrazia è sotto tiro anche in aree dove la povertà regna indisturbata: in particolare in quelle aree dove, senza risparmiare mezzi militari, sono state tentate diverse operazioni fallimentari di “esportazione” della democrazia, come se questa forma di convivenza fosse anch’essa una merce, a disposizione di tutti sul mercato. L’amaro risveglio dalle cosiddette “primavere arabe” ha visto il ritorno dei generali in Egitto, la fine della Libia e della Siria come Stati unitari, la lotta all’ultimo sangue per rovesciare la democrazia tunisina.

L’amaro risveglio dalle cosiddette “primavere arabe”

Le forze antagoniste o terroristiche che operano in questi Paesi sono state allevate e foraggiate da diversi regimi totalitari del Golfo, che però nel gioco della globalizzazione siedono al tavolo delle potenze credibili e autorevoli grazie al loro portafoglio gonfio di petrodollari. Non si è mai vista, per esempio, un’operazione miliardaria di marketing turistico come quella che da alcuni anni decanta le monarchie del Golfo come nuovi paradisi terrestri, quando in realtà si tratta di Stati che si reggono sullo sfruttamento disumano del lavoro immigrato, sull’intolleranza culturale e di genere, sulla vicinanza all’Islam armato. E anche di sicuri paradisi fiscali. Insomma, quando si decantano i fasti di Dubai o di Doha si cancella l’altra faccia, quella sporca, perché la democrazia, se si è ricchi, diventa un optional.

Quando si decantano i fasti di Dubai o di Doha si cancella l’altra faccia, quella sporca, perché la democrazia, se si è ricchi, diventa un optional.

Per l’ISIS e gli altri gruppi del fondamentalismo salafita non ci sono invece dubbi. Nel ristretto orizzonte culturale di questi movimenti non c’è spazio per un sistema di governo che permetta di scegliere, dissentire o contestare il capo. La scena dei deputati tunisini rinchiusi in Parlamento a cantare il loro inno nazionale ci riporta a pagine epiche della resistenza all’autoritarismo e chiarisce definitivamente quanto la lotta in corso in Medio Oriente nulla abbia a che fare con la religione, ma piuttosto con la democrazia. Una guerra che riduce gli spazi di libertà anche in Occidente, dove le leggi antiterroristiche varate d’urgenza stanno consegnando agli Stati poteri d’intromissione, controllo e polizia nei confronti dei cittadini inimmaginabili fino a qualche anno fa.

Winston Churchill riteneva che la democrazia fosse la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre: il suo celebre aforisma rischia però di essere definitivamente consegnato alla storia, se l’internazionale dell’autoritarismo riuscirà a imporre anche a noi la sua visione. Perché, se la risposta delle democrazie mature sarà quella di misurarsi sul campo (minato) preferito dal nemico, la guerra per la democrazia a livello mondiale sarà definitivamente persa.

L’Europa è oggi accerchiata da regimi autoritari

L’Europa è oggi accerchiata da regimi autoritari, dalla Russia alla Turchia, senza dimenticare la situazione degli stati del Nord Africa. Il Medio Oriente è in fiamme, l’estremo Oriente è sotto il ricatto nucleare da parte del dittatore nordcoreano. In Messico i cartelli della droga ammazzano giornalisti e politici che non si vogliono piegare ai loro loschi interessi. La democrazia vera è sempre di più un’isola in mezzo al mare in tempesta. Qualsiasi sinistra futura dovrebbe partire da qui. Oggi riconquistare spazi democratici e sostenere chi si batte per i nostri valori, senza ambiguità e senza fare prevalere sempre gli interessi economici, diventa rivoluzionario. Dopo decenni di perdita di diritti, dopo avere snaturato la parola “riforma” fino a farla diventare più una minaccia che una speranza, è ora di ripartire. Non esiste una politica progressista che possa fare a meno della democrazia. E la democrazia deve garantire non solo la libertà di espressione, ma combattere la povertà, investire sulla scuola, fornire le cure a chi ne ha bisogno. Tutto il resto è già stato drammaticamente esperimentato

 

In apertura UNTITLED (I SHOP THEREFORE I AM), 1987. BARBARA KRUGER.

Gli autori di Vorrei
Alfredo Luis Somoza
Alfredo Luis SomozaWebsite: https://alfredosomoza.com
Giornalista ed esperto di politica internazionale. Direttore della testata online dialoghi.info. Presidente di www.icei.it. Dirigente di: earth-net.eu Popolare Network (radio): all’interno di Esteri, i venerdì alle 18 e alle 22, sui GR ogniqualvolta l’America Latina fa notizia Twitter: @alfredosomoza | Linkedin: Alfredo Somoza