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Un gruppo di cittadini vuole portare anche a Bernareggio le pietre d’inciampo, iniziativa diffusa in tutta Europa che ricorda i luoghi di origine di deportati uccisi nei campi di concentramento

Partire da una ricerca storica per recuperare i nomi dei concittadini deportati e andare oggi nei luoghi dove questi hanno vissuto. Posizionare qui una targa in ottone, piccola ma visibile. Un segno a terra in corrispondenza del quale le menti, più che i passi, siano costrette a fermarsi e a riflettere. Un inciampo figurato nel punto in cui è iniziata, anzi dove è praticamente finita, la vita di queste persone di cui sarà possibile leggere i nomi.

Questi sono gli intenti delle “pietre d’inciampo”, protagoniste in diverse città e paesi tra cui potrebbe figurare anche Bernareggio con il ricordo dei suoi 6 concittadini che tra il 1944 e il 1945 furono deportati in Austria e Germania. Alcuni di loro sono già citati sul muro della scalinata di accesso al vecchio municipio di via Prinetti. Il progetto, consegnato al Comune il 4 gennaio 2018, potrebbe far nascere in paese un vero e proprio percorso della memoria: le ipotesi sulla collocazione delle pietre sono riportate in una mappa interattiva già impostata e disponibile on line.

Per le sue caratteristiche questo tipo di installazione è considerata una vera e propria opera d’arte che nasce dall’iniziativa di Gunter Demnig: Stolpersteine è il nome originale in tedesco. È lui stesso che ha iniziato a posizionare piccole targhe in ottone nei marciapiedi di fronte ad abitazioni o luoghi di lavoro di vittime del regime nazista. Da Berlino, dove è nata l’idea, a Colonia, dove secondo alcuni articoli sono state installate le prime pietre anche senza autorizzazione delle autorità cittadine, il progetto si è esteso arrivando anche in piccoli paesi.

In 20 anni le pietre d'inciampo sono apparse nelle strade di più di 20 nazione europee formando il più vasto memoriale del mondo.

Da poco hanno varcato l'Atlantico giungendo anche in Argentina, per ricordare i bambini che dovettero fuggire dal nostro continente tra il 1933 e il 1945.

Quando nasce l’iniziativa bernareggese e da quali spunti si sviluppa la proposta presentata al comune?
Albino Casati, tra i promotori dell’iniziativa e relatore al seminario del Comitato lombardo antifascista dello scorso 21 ottobre, ha spiegato che: «Ci siamo impegnati dapprima nella raccolta firme per la messa fuorilegge delle organizzazioni nazifasciste e per negare la possibilità a questi gruppi di utilizzare spazi pubblici per iniziative con la finalità, più o meno velata, di diffondere l'odio e la violenza. La proposta è stata approvata dal Consiglio comunale».

«Dopo aver consultato i preziosi dati dell’Archivio storico bernareggese, abbiamo avanzato la nostra proposta, legata ai valori e ai principi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Una proposta per non dimenticare le vittime degli orrori dei nazifascisti. Sull'esempio di altri paesi e città non solo italiane, dove sono state posate le pietre d'inciampo, abbiamo pensato di realizzare l'iniziativa anche per i deportati di Bernareggio. Milano ha già 6 targhe e in occasione del prossimo Giorno della Memoria ne verranno posizionate altre 26».

Al momento, quali sono stati i riscontri positivi e quali invece le difficoltà incontrate?
«Abbiamo informato il sindaco, la giunta e altre realtà del territorio in modo da avere una visione d'insieme. Quella da noi presentata è una traccia, ora confidiamo che ci sia collaborazione intorno alla stesura definitiva del progetto e alla sua attuazione».
«In più stiamo cercando di organizzare l’attività di volontari e migranti ospitati in paese per farne parte attiva del progetto dando ulteriore valore ed ampiezza all’iniziativa. Un coinvolgimento già proposto per la realizzazione di un intervento di riqualificazione del verde pubblico ispirato alle tematiche della pace e dell’accoglienza».

Negli anni l’azione dell’uomo ha profondamente cambiato i luoghi proposti per la posa delle pietre. La conoscenza del passato è essenziale per la comprensione di un territorio: lo studio del sottosuolo insegna che quello che c’è sotto dice tanto rispetto a quello che può accadere sopra. E’ altrettanto significativo che dal suolo riemerga ora un importante messaggio: rallentare il passo e ricordare gli errori aiuta a comprendere quanto sarebbe grave ricaderci nuovamente.

Gli autori di Vorrei
Luca D'Achille
Luca D'Achille
Laureato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio al Politecnico di Milano, è impiegato nella pubblica amministrazione dove si occupa di ecologia. Impegnato da sempre in attività di sensibilizzazione e iniziative locali per la tutela dell’ambiente.
Autore di numerosi articoli su consumo del suolo, clima, energia e politiche ambientali, membro della redazione di Salviamo il Paesaggio, il forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio. Nato a Monza e residente nel Vimercatese, appassionato di viaggi, geografia e di tutto quello che è analisi e scoperta di un territorio.
@LucaDAchille - luca-dachille.blogspot.it