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Nel Martin Luther King jr. Day, il discorso commemorativo di Bernie Sanders unisce l'eredità di King ad un lucido sguardo sullo stato attuale del razzismo Usa. 

Il 21 gennaio scorso, in occasione della festa nazionale del  Martin Luther King day, Bernie Sanders ha tenuto un discorso commemorativo (qui integralmente tradotto) a Columbia, in South Carolina.
Nessuna frase di circostanza. Nessuna vaga rievocazione d'obbligo per il fatto che MLK è un'icona nazionale. Bernie non è uomo che pensa alla "convenienza" delle proprie azioni. Bernie fa e dice solo lo cose in cui crede. E quello che ha detto il 21 gennaio dimostra, ancora una volta, come l'eredità del dottor King gli appartenga nel profondo. Fin da quando il 28 agosto 1963, ventitreenne studente universitario, partecipava con oltre 250.000 persone alla marcia  di Washington "for Jobs and Freedom",  ed assisteva davanti al Lincoln Memorial al discorso “I have a Dream”. Fin da quando nello stesso anno venne arrestato a Chicago, durante una delle tante manifestazioni del Movimento per i Diritti Civili a cui partecipava.

Eppure, durante la scorsa campagna elettorale, tra le accuse  più frequenti rivolte a Sanders da Hillary e dall'establishment, spiccavano il maschilismo e il disinteresse verso la comunità nera. Secondo la propaganda antibernie,  la più sporca della quale era stata commissionata a David Brock dalla campagna Clinton, alla base dell'elettorato di Sanders ci sarebbero stati  i Berniebros, uomini, bianchi, misogini. Ma le testimonianze, come ad esempio le foto che la signora Jane Sanders allora inviò ai media, parlavano e tuttora parlano.  Anche se per la verità, quando si tratta di Bernie, l’informazione mainstream parla molto poco. Così se le foto dell’arresto del giovane Bernie non hanno avuto il rilievo che avrebbero dovuto avere sui media, esse sono comunque finite sul bus e sull’auto dei Black Men for America nella campagna del 2016.

 

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Foto scattata a Filadelfia nei giorni della National Convention del Partito Democratico del luglio 2016. Le immagini sul bus dei "Black Men for Bernie" ritraggono l'arresto di Sanders avvenuto a Cicago nel 1963 durante una manifestazione del Movimento per i Diritti Civili.

 

L'eredità rivoluzionaria di Martin Luther King vive in Bernie Sanders

Tutta la carriera politica di Bernie è la testimonianza di come il «rivoluzionario» M.L. King lo abbia ispirato costantemente nelle lotte per la giustizia sociale, razziale ed economica. «Non domentichiamolo mai», ha detto Bernie parlando della marcia di Washington, «il titolo di quella marcia era "Lavoro e Libertà".» E quasi in conclusione: «Ricordate dove si trovava quando morì? Si trovava a Memphis accanto ai lavoratori sfruttati della sanità, che stavano lottando per ottenere paghe decenti. Pensate al lavoro che stava facendo alla fine della sua vita. Quella che stava organizzando era una marcia di povera gente.» Una marcia senza distinzione  di colore, solo di classe. 

 

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Due fotogrammi di una ripresa girata  una ventina d'anni fa a Mamphis davanti al Lorraine Hotel, sulla cui balconata il dottor King fu ucciso il 4 aprile 1968.

Oggi, se MLK potesse, sarebbe con Bernie nel pretendere  la realizzazione delle istanze sociali, razziali ed economiche  per le quali il senatore si batte, perché a distanza di 50 anni dalla morte, sono ancora le stesse per le quali il dottor King ha condotto la sua rivolta non violenta e ha sacrificato la sua vita.
Oggi, se MLK potesse, sarebbe con Bernie nel denunciare quei fenomeni che non ha visto perché arrivati dopo la sua uccisione. Fenomeni  come la sempre maggiore disparità economica, esplosa con la presidenza Reagan, che nel giro di qualche decennio ha creato un mondo governato e controllato dall’1% con la sua ricchezza e  i suoi poteri esorbitanti.  

Alcune delle cose che M.L. King non ha visto:
guerra alla droga e conseguente incarcerazione di massa di colore come nuova forma di segregazione; prigioni private e lavoro carcerario gratuito con enormi interessi delle grosse corporation.

Oppure come la guerra alla droga, altra invenzioe reaganiana, incrementata sempre più negli anni successivi, pure da Bill Clinton. Una guerra che, come le incarcerazioni di massa conseguenti, continuano a penalizzare le persone di colore in maniera smisuratamente superiore rispetto ai bianchi.  La nuova versione della segregazione contro la quale King predicava e che era riuscito, almeno legislativamente, a fare abolire con gli atti passati al Congresso durante la presidenza Lincoln.
E MLK sarebbe in prima fila per denunciare il sistema delle cauzioni in contanti che, come dice Bernie «mette in prigione la gente per il crimine di essere povera e di non potersi permettere di pagare.» Ed ancora nel denunciare lo scandalo delle prigioni private, uno degli affari più lucrativi e vergognosi degli Usa, e quello del lavoro carcerario gratuito, di cui beneficiano le grosse corporation che hanno famose catene di negozi in tutto il mondo. Sono argomenti scottanti che  anche su Vorrei abbiamo cercato di approfondire grazie a Noam Chomsky e ad Ava Du Vernay. Oggi,  se MLK potesse, volterebbe le spalle ai tanti ammiratori di "convenienza" e sarebbe in prima fila nella marcia dei sandersiani, al motto di Run, Bernie, run! 

Run, Bernie , run!

Quelle tre parole, ormai divenute slogan, riassumono la limpidezza e la purezza del senatore, emblematicamente rispecchiate nel personaggio di Forrest Gump.
Con esse  Jeff Weaver, ex campaign manager di Bernie 2016, e suo fedele compagno di campagne fin dal 1986, conclude il suo bellissimo libro pubblicato nel maggio scorso: How Bernie Won, Inside the Revolution That's Taking Back Our Country - and Where We Go from Here  (Come Bernie ha vinto. Dentro la rivoluzione che si sta riprendendo il paese e dove andiamo da qui), un'appassionante odissea piena di imprevisti ed aneddoti, spesso narrati con irona, e dei molti retroscena di quella campagna presidenziale.
Così Weaver conclude il libro:

 «Le previsioni del 2016 avevano ragione. Bernie Sanders era il candidato più forte contro Trump. Bernie avrebbe vinto. Punto. Non è un’opinione su cui io ho dei dubbi. Credo anche che lui sia il candidato più forte per riprendere la Casa Bianca in questo momento della storia. Il suo messaggio autentico per un  cambiamento positivo e il suo appeal nei confronti di una vasta gamma di elettori danno ai democratici la migliore opportunità di mettere insieme una coalizione in grado di ottenere cariche politiche a tutti i livelli. Detto questo, lui non ha ancora deciso di correre. Sono certo che questa sia anche l'attuale situazione di tutti i potenziali candidati per il 2020. Ma non ha nemmeno deciso di non correre. Corri, Bernie, corri! »

 

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Jeff Weaver e il suo bel libro ad una presentazione all'Università di Chicago l'ottobre scorso.

 

Ora sappiamo che Bernie correrà, anche se l’annuncio ufficiale si fa desiderare, che Jeff Weaver passerà da campaign manager a senior adviser, che lo staff 2020 sarà molto più variegato, corposo, agguerrito ed estremamente potenziato mediaticamente, anche grazie all’appoggio del gruppo di Alexandria Ocasio Cortez.

Ma di questi temi,  come del folto schieramento democratico 2020 che di giorno in giorno si sta arricchendo di nuovi personaggi, avremo modo di parlare. Oggi è all’eredità di Martin Luther King che vogliamo dedicare attenzione.
Pertanto, prima di lasciare la parola a Bernie Sanders, non possiamo non menzionare un altro dei suoi eredi, almeno secondo quanto sostiene l’attuale vicepresidente Mike Pence che  il 20 gennaio scorso, alla trasmissione  Face the Nation, ha paragonato MLK a Donald Trump. Citando quella che ha dichiarato essere una delle sua frasi preferite del discorso "I have a Dream", "Ora è tempo di rendere reali le promesse della democrazia", Pence ha attribuito a Trump lo stesso spirito di unità e di collaborazione che animava MLK. La dimostrazione di questa affermazione risiederebbe nella generosità  della proposta che  Trump ha fatto ai democratici, ossia il baratto del muro con il Messico con la fine dello shutdown e con tre anni di tranquillità per i dreamers.

 

 Traduzione del discorso di Bernie Sanders in occasione del M.L. King jr. Day

 «Siamo qui oggi non solo per ricordare, non solo per onorare il dottor Martin Luther King jr. Siamo qui oggi per capire che il dottor King aveva uno spirito rivoluzionario. Sì, lui era un rivoluzionario e noi vogliamo ergerci accanto a lui per riprenderci il controllo politico ed economico e per dare vita ad un governo che funzioni per tutti noi e non solo per i pochi.

"Dr. King, lei era un leader dei diritti civili, perché ora si mette a parlare della guerra in Vietnam?” “Come posso predicare la non violenza mentre il nostro paese è coinvolto in una guerra brutale? Come posso parlare dei poveri quando ci vengono sottratti milioni di dollari per bombardare quel paese?”

Il dottor King ha conseguito enormi risultati, il Voting Right Act e numerose altre vittorie, ma è stato anche un uomo di straordinario coraggio. Voglio riportarvi al 1967. King aveva vinto il Premio Pulitzer e il Premio Nobel per la Pace. King era onorato in tutto il mondo e tuttavia si mise a criticare il suo paese e la guerra nel Vietnam e la gente gli diceva: “Dr. King, lei era un leader dei diritti civili, perché ora si mette a parlare della guerra in Vietnam?” E con un coraggio enorme King rispose: “Come posso predicare la non violenza mentre il nostro paese è coinvolto in una guerra brutale? Come posso parlare dei poveri quando ci vengono sottratti milioni di dollari per bombardare quel paese?” E King si schierò e alzò la voce.  E sapete che cosa accadde? I giornalisti, uno dopo l’altro, presero a criticarlo. Molti dei suoi amici liberal lo abbandonarono e il presidente degli Stati Uniti gli voltò le spalle. Ma quello che lui ci ha ricordato è il coraggio della coscienza, la necessità di resistere a dispetto delle difficoltà e di trovare la forza per combattere per la giustizia sociale, di combattere per la giustizia razziale, di combattere per la giustizia ambientale. 

Oggi diciamo al presidente Trunmp: “Questo paese ha sofferto troppo a lungo per la discriminazione. Noi non vogliamo tornare indietro, vogliamo andare avanti, verso una società non discriminatoria.”

Oggi parliamo di giustizia, oggi parliamo di razzismo. E vi devo dire che non mi fa piacere affermare che abbiamo un presidente degli Stati Uniti che è un razzista. Abbiamo un presidente degli Stati Uniti che ha fatto cose che nessun altro presidente nella storia moderna ha fatto. Ciò che un presidente dovrebbe fare è tenere unito il suo popolo. E noi abbiamo un presidente che intenzionalmente, di proposito, sta cercando di dividerci in base al colore della pelle, alle idee politiche, al paese di provenienza, alla religione. Tutti quanti qui conosciamo le cose terribili che sono state fatte ai nativi americani fin dai primi giorni in cui i coloni sono arrivati in questo paese. Tutti conosciamo l’abominio della schiavitù e della segregazione. Conosciamo le discriminazioni contro i cattolici e gli ebrei e i musulmani e gli irlandesi e gli italiani.  Così oggi diciamo al presidente Trunmp: “ Questo paese ha sofferto troppo a lungo per la discriminazione. Noi non vogliamo tornare indietro, vogliamo andare avanti, verso una società non discriminatoria.”

Il razzismo è vivo quando la Corte Suprema degli Stati Uniti e i governatori repubblicani rendono più difficile votare per le persone di colore e quando sopprimono i voti. 

Ma il razzismo di cui abbiamo sentito parlare da parte di altri, oggi in questo paese esiste. Esiste quando una famiglia media bianca è dieci volte più ricca di una famiglia media afroamericana. L’uguaglianza razziale deve andare di pari passi con l’uguaglianza economica se vogliamo dare vita ad un governo che funzioni per tutti noi e non solo per l’1%. Il razzismo è vivo quando la Corte Suprema degli Stati uniti e i governatori repubblicani rendono più difficile votare per le persone di colore e quando sopprimono i voti. Ed ecco perché credo che abbiamo bisogno di una legge costituzionale che garantisca ad ogni americano il diritto di voto attraverso la registrazione automatica. Se hai 18 anni, che tu sia bianco, nero, latino, nativo, sei registrato. Fine della discussione

Abbiamo bisogno di lavoro e di istruzione per i nostri giovani e non di altre prigioni ed incarcerazioni.
In America non dovrebbe essere possibile fare  milioni di dollari di profitto incarcerando i nostri concittadini.

Il razzismo è vivo e sta bene quando abbiamo un sistema  di giustizia criminale  che non funziona e quando abbiamo più persone in carcere di qualsiasi altro paese. In questo paese noi abbiamo bisogno di riforme riguardanti la giustizia criminale e ciò significa che abbiamo bisogno di lavoro e di istruzione per i nostri giovani e non di altre prigioni ed incarcerazioni. Ciò significa porre fine al sistema delle cauzioni in contanti,  che mette in prigione la gente per il crimine di essere povera e di non potersi permettere di pagare la cauzione. Significa mettere fine alla cosiddetta guerra alla droga che ha causato così tanto dolore e distruzione in questo paese. Significa porre fine alle prigioni private.  Significa, quando parliamo di giustizia criminale, capire che abbiamo bisogno di una riforma della polizia e che l’uso della forza letale [possibilità di uccidere] deve essere l’ultima opzione e non la prima. 

Dobbiamo dare all’America ciò che tutti i paesi industrializzati hanno: una sanità garantita a tutti come un diritto, attraverso un sistema universale di sanità pubblica.

Il razzismo esiste nel nostro paese quando abbiamo elevati livelli di disparità sanitarie, quando i tassi di mortalità infantili nelle comunità nere sono più del doppio che in quelle bianche e il tasso di mortalità per cancro e per ogni altra malattia è molto  più alto tra i neri che tra i bianchi.  Secondo la mia visione, noi  noi non sobbiamo dobbiamo estendere l’assistenza sanitaria di base in tutto il paese, e il deputato Clyburn ed io abbiamo lavorato e stiamo lavorando per avere più centri sanitari comunitari in Vermont e in South Carolina.  La  cosa più importante di tutte  è che dobbiamo dare all’America ciò che tutti i paesi industrializzati hanno: una sanità garantita a tutti come un diritto, attraverso un sistema universale di sanità pubblica. 
Il razzismo esiste quando la gentrificazione costringe inquilini, proprietari di case e di attività commerciali neri ad andarsene da quartieri dove le loro famiglie ahnno vissuto per decenni. 

Gli Stati Uniti vergognosamente hanno il più alto tasso di povertà infantile di ogni altro paese sulla faccia della terra e il 34% dei bambini neri vive in povertà...
Nella nazione più ricca nella storia del mondo a tutti i bambini dovrebbe essere garantita un'educazione di qualità.

Il razzismo è qui quando gli Stati Uniti vergognosamente hanno il più alto tasso di povertà infantile di ogni altro paese sulla faccia della terra e il 34% dei bambini neri vive in povertà. Il razzismo è qui quando le scuole nere sono sovraffollate, finanziate inadeguatamente e con insegnanti di minore esperienza e quando il tasso di abbandono scolastico dei giovani afroamericani è esageratamente alto. Secondo la mia visione dobbiamo capire che l’istruzione è un diritto umano e che nella nazione più ricca nella storia del mondo a tutti i bambini dovrebbe essere garantita un'educzione di qualità. E quando parliamo di educazione, che è il tema di oggi, noi tutti sappiamo che gli anni più importanti per la vita di un essere umano vanno da zero a quattro ed è per questo motivo che abbiamo bisogno di una assistenza che tutti si possano permettere. 

Quando parliamo di educazione  dobbiamo capire che oggi una laurea è equivalente a quello che un diploma si scuola superiore era 50 anni fa. Non è un’idea radicale affermare che, in un paese che spende 700 miliardi di dollari all’anno in spese militari e che concede mille miliardi di tagli fiscali all’uno per cento più ricco e alle grosse corporation,  noi dobbiamo rendere gratuite le università pubbliche ed abbassare il debito studentesco per milioni di persone. E che dobbiamo finanziare adeguatamente le università storicamente nere di questo paese. 

Nel 1963, il dottor King chiedeva che ai lavoratori fosse pagato un salario che permettesse di vivere... un’educazione adeguata ed integrata... case decenti ed economicamente accessibili... un programma federale per il lavoro...

Nel 1963, qualche anno fa, quando ero uno studente universitario, ho avuto l’onore di essere a Washington e di ascoltare il discorso del dottor King, il discorso “I Have a Dream”. E con centinaia di migliaia di americani che erano là in quel giorno, eravamo là per chiedere di porre fine al razzismo e di appoggiare le richieste del dottor King per la giustizia economica, perché, non dimentichiamocelo mai, il titolo di quella marcia era “Lavoro e Libertà”.  Ed io trovo incredibile  che 56 anni dopo quella quella marcia molte delle richieste del dottor King e di molti altri siano richieste per le quali dobbiamo lottare ancora oggi. Allora, nel 1963, il dottor King chiedeva che ai lavoratori fosse pagato un salario che permettesse di vivere. Oggi dobbiamo onorare quelle richieste e portare il salario minimo a 15 dollari all’ora.
Durante quella marcia e il dottor King e gli altri organizzatori chiedevano un’educazione adeguata ed integrata. Questo è il paese più ricco nella storia del mondo e i nostri bambini meritano il miglior sistema educativo del mondo.
Durante quella marcia il dottor King ed altri chiedevano case decenti ed economicamente accessibili. E tuttavia nel Vermont e nel South Carolina e in tutto il paese la classe lavoratrice spende il 40 o il 50% del suo basso stipendio per l’affitto. Invece di abbassare le tasse ai miliardari mettiamo la nostra gente a lavorare per costruire case decenti ed accessibili. Invece di costruire un muro con il Messico, costruiamo le case di cui la nostra gente ha bisogno.
Durante quella marcia, pensateci era il 1963, il dottor King ed altri invocavano  un programma federale per il lavoro, in modo che chiunque volesse lavorare avesse la possibilità di trovare lavoro ed anche questo è un sogno che dobbiamo ancora realizzare. Pensate a tutto il lavoro che si deve fare per dare a tutti l’assistenza sanitaria  e per trasformare la nostra economia in modo che si possa rimediare al cambiamento climatico. Pensate a tutti i lavori là fuori di cui abbiamo bisogno per ricostruire le nostre infrastrutture fatiscenti. Onoriamo quelle richieste che il dottor King fece nel 1963 per poter finalmente dire che in America, se vuoi un lavoro, ce n’è uno pronto e dignitosamente pagato che ti aspetta.

Ricordatevi di ciò che disse: “Dobbiamo respirare tutti insieme, lavoratori neri e lavoratori latini, lavoratori bianchi e lavoratori nativi americani. Dobbiamo cambiare le priorità nazionali di questo paese, in modo tale che in questo paese la giustizia risuoni per tutti."

Fratelli e sorelle, nella mia visione il dottor King non è stato solo uno dei grandi leader della storia americana ma della storia del mondo intero. Era un uomo di un coraggio incredibile, che aveva capito che non bisogna solo porre fine al razzismo, ma che occorre una giustizia economica. Ricordate dove si trovava quando morì? Si trovava a Memphis, Tennessee, a fianco dei lavoratori della sanità, sfruttati, che stavano lottando per ottenere paghe decenti. Pensate al lavoro che stava facendo alla fine della sua vita. Quella che stava organizzando era una marcia di povera gente. Ricordatevene e ricordatevi di ciò che disse: “Dobbiamo respirare tutti insieme, lavoratori neri e lavoratori latini, lavoratori bianchi e lavoratori nativi americani. Dobbiamo cambiare le priorità nazionali di questo paese, in modo tale che in questo paese la giustizia risuoni per tutti, e che ogni americano, indipendentemente dal colore della pelle ed indipendentemente dal fatto che lui o lei sia ricco o povero, possa avere la stessa qualità di vita che tutti gli esseri umani meritano.” Così oggi noi siamo qui non solo per ricordare il dottor King, non solo per onorare il dottor King. Noi siamo qui per sentire il suo spirito rivoluzionario, per avere il coraggio di prenderci il controllo politico ed economico, e per creare la nazione che sappiamo possiamo diventare. Grazie mille a tutti. 

(traduzione di Elisabetta Raimondi)

 

20190102 memphis davanti al lorraine hotel

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Altri due fotogrammi del video di Memphis. 

Le due immagini qui riportate si  riferiscono ad alcuni dei cartelli di Jaqueline Smith, la donna che vive accampata davanti al Lorraine Hotel dal 1988, quando l'hotel venne espropriato per la costruzione di un museo e per la gentrificazione della zona. Una vicenda che merita molto di più di una didascalia. 

 

 

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.