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In un libro di Chiara Ballabio e Zeno Celotto, e in una intervista a quest'ultimo, la storia del fontanile Testa del Nan, nel territorio di Carugo, e delle lotte fra i nobili che fra il XVI e il XVII secolo ne rivendicavano lo sfruttamento delle acque 

 

 

Lo spettacolo dell'acqua che sgorga, pura, dalla terra alimentando la vita attorno a sé, é per noi cittadini di un mondo inquinato e cementificato uno dei più rasserenanti e affascinanti. La Brianza non ne è certo ricca, ed è perciò preziosissima l'opera di chi difende, studia e fa conoscere uno dei pochi luoghi che ancora offrono questo spettacolo dalle nostre parti. E' nella Riserva naturale della Fontana del Guercio che si trova il fontanile detto Testa del Nan: appassionati della valorizzazione dell'ambiente anche attraverso la riscoperta delle sue vicende storiche, Chiara Ballabio e Zeno Celotto, autori di importanti studi sul territorio brianteo, noti al pubblico monzese per aver ricevuto il Premio Brianza nel 2019, lo hanno per anni frequentato e studiato, ricercando negli archivi i documenti che testimoniano i passaggi di proprietà e gli interventi idraulici che hanno fatto sì che quelle acque venissero convogliate fino alle ville nobiliari o ai paesi che non avevano altre fonti di approvvigionamento della preziosa risorsa.

Quanto preziosa lo dimostra proprio il libro, ricco di belle foto e di un rigoroso apparato documentario, che la casa editrice GWMAX ha pubblicato in febbraio, curandone già una prima ristampa (qui la scheda). Attraverso la ricerca di Chiara e Zeno, grazie anche al linguaggio dei documenti dell'epoca, veniamo trasportati in una vera e propria bolla spazio-temporale, nella quale incontriamo figure tipiche di un mondo che ci ricorda per molti versi quello del romanzo manzoniano: feudatari di origine spagnola, nobili che delinquono e vengono banditi, fanciulle sacrificate agli interessi della famiglia, le gride, il Senato di Milano, i Borromeo...

 

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Ma qui tutto è concentrato attorno ad un unico interesse: la proprietà e il controllo delle acque, cosicchè vi compaiono anche ingegneri o architetti famosi come Martino Bassi. Per quanto non sia semplicissimo seguire attraverso un centinaio d'anni il succedersi delle eredità nelle famiglie coinvolte, gli esiti dei processi o i rovesci di fortuna, gli autori ci accompagnano passo passo dall'acquisto del terreno detto del Neno in Val Sorda da parte del conte Manriquez, che voleva costruirvi una “testa di fontanile”, fino all'acquisizione delle acque provenienti da Carugo e Mariano da parte dei Borromeo Arese di Cesano Maderno.

Chiara è, con nostro grande rimpianto, scomparsa prematuramente, ma Zeno continua amorosamente a curare la pubblicazione delle sue ricerche, sia quelle svolte da lei sola, come il Piccolo Atlante della Seregno storica, edito lo scorso anno dal Circolo Culturale Seregn de la memoria, sia quest'ultimo frutto del loro comune lavoro. Ed è sempre disponibile a rispondere alle domande di chi vi trova motivi di grande interesse.

 

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Chiara Ballabio e Zeno Celotto - Foto di Maurizio Esni

 

Com'è nata questa ricerca? La sua origine si collega all'osservazione del territorio o è una prosecuzione di vostre precedenti ricerche?

Ci sono state in passato altre ricerche che hanno indagato sull'epoca di costruzione del fontanile, di cui ci sono tracce evidenti come i muretti di contenimento o l' imbarcadero, ma questa via non ha portato a risultati. Il nostro percorso è stato diverso: é stata la conoscenza del territorio che ci ha permesso di comprendere che le notizie contenute in alcuni documenti in cui ci eravamo imbattuti si riferivano proprio al fontanile del Neno. Cercavamo di capire quale soluzione il borgo di Seregno avesse potuto dare nei secoli passati al problema dell'acqua, essendo esso privo di questa risorsa nel suo territorio. Consultando varie ricerche di storia locale, inaspettatamente avevamo trovato in un saggio di Sergio Gatti, che riportava documenti inediti relativi all'architetto Giambattista Lonati, notizia dell'incarico ricevuto dai “magistri” seregnesi Trabattoni per effettuare uno scavo da Carugo a Seregno (opera idraulica affidata per l'appunto al Lonati). Prima di allora, la storia del fontanile veniva fatta risalire al 1682, quando i Borromeo Arese avevano acquistato quelle acque per portarle fino a Cesano Maderno. Riguardo alla storia precedente, venivano avanzate ipotesi che facevano risalire ai Celti la storia del fontanile, basandosi sull'analisi dei toponimi: solo supposizioni, dunque, nulla di concreto. Il documento di cui parlavo invece fissa al 1588 la prima data certa riferibile alla storia del fontanile, del quale risultava allora proprietario il Conte Giorgio Manriquez, titolare del vasto feudo della pieve di Desio e di Bollate.

 

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 Tratto iniziale della Roggia Borromeo

 

Il conte Giorgio Manriquez compariva infatti tra “I Signori di Seregno” nella vostra opera omonima edita nel 2018, insieme alla sua intenzione di scavare il fontanile per portarne le acque fino a quel borgo. Avete appurato se vi sia infine riuscito?

Quel che sappiamo è che nel 1588 il Manriquez diede avvio al progetto con quell'incarico, non sappiamo invece se il progetto si sia realizzato. Io ne dubito, perchè già alla fine del 1600 il conte era in difficoltà economiche, tanto che aveva cominciato a vendere le proprietà che aveva già acquisito: un documento della Biblioteca Trivulziana attesta che nel 1619 il fontanile apparteneva già ad altri proprietari, i conti Marliani, titolari del feudo della pieve di Mariano.

 

In effetti, la vicenda centrale è quella della controversia legale tra il Manriquez e i Marliani. Ce la vuoi raccontare in breve?

Nell'archivio dell'ospedale Maggiore di Milano abbiamo trovato ulteriori notizie sulla famiglia Manriquez nel fondo Secco Comneno, ovvero quello della famiglia in cui era confluito il ramo femminile dopo la sua estinzione. Qui, in una cartella fuori posto, abbiamo trovato una memoria difensiva che riguardava appunto questa controversia. Un colpo di fortuna, dato che molti di questi documenti erano andati distrutti in un bombardamento durante la seconda guerra mondiale!

 

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La vicenda che questi e altri documenti ci hanno permesso di ricostruire è questa: nel 1580 il conte Giorgio Manriquez acquista in Val Sorda un terreno definito “asciutto” per scavarvi un fontanile e, per costruirvi un canale fino a Seregno, intende acquistare anche i terreni a valle, che appartenevano alla famiglia Marliani. La legislazione dell'epoca, le Nuove Costituzioni, consentiva infatti ai proprietari dei fontanili di portare l'acqua nelle loro proprietà attraverso i terreni altrui. Ma il conte Ercole Marliani vi si oppose, portando la questione davanti al Senato di Milano, adducendo fra l'altro il motivo che questo scavo avrebbe sottratto acqua ai suoi terreni. Tutto quel che sappiamo su questa controversia è contenuto in una memoria difensiva di parte, dove sono ampiamente sostenute le ragioni del Manriquez. In questa causa legale venne richiesta la consulenza di un perito d'eccezione, l'architetto Martino Bassi: abbiamo trovato l'originale di questa perizia nell'archivio di Stato di Milano. Non sappiamo come si sia conclusa la disputa. Le ragioni del Manriquez però erano state più volte riconosciute in precedenti occasioni, che la memoria difensiva richiama. Tuttavia, come abbiamo ricordato, qualche anno dopo, proprietari del fontanile risultano i Marliani, i quali a loro volta lo perderanno in favore degli Arese Borromeo.

 

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Tra i risvolti più intriganti delle vicende in questione, c'è la presenza dei banditi, rampolli essi stessi di quelle nobili famiglie. Quale ruolo hanno avuto nella storia che raccontate?

Indagando sulla storia dei Marliani per capire come, dopo aver combattuto col Manriquez per il possesso delle acque, le avessero infine cedute ai Borromeo Arese, abbiamo scoperto che alcuni membri di questa famiglia si erano resi autori di vari delitti ed erano stati banditi per questo dal Ducato: ne erano conseguite confische di beni, indennizzi alle famiglie delle vittime perchè ritirassero le denunce, cause penali che li avevano messi progressivamente in difficoltà economiche e indotti a cedere la roggia a spizzichi e bocconi. Bartolomeo Arese era presidente del Senato milanese, e dunque era certamente a conoscenza delle difficoltà dei Marliani: fu infine sua figlia ad avvantaggiarsene, acquistando la roggia e rendendosi perciò indipendente dalla roggia Viscontea, dalla quale gli Arese Borromeo dovevano precedentemente acquistare i diritti d'uso. La vicenda dimostra ancora una volta come spesso i membri della nobiltà esclusi dalle eredità, al fine di  acquistare illegalmente potere e beni, costituivano bande che erano piccoli eserciti privati. 

In definitiva, è il ruolo dei nobili nello sfruttamento delle acque che viene messo in evidenza in questo libro. Come mai tanto interesse da parte loro?

Il possesso delle acque comportava ricchezza: se consideriamo quanto impegnativo fosse uno scavo da Carugo a Seregno o addirittura a Cesano Maderno, quale notevole investimento comportasse sia l'acquisto dei terreni che l'esecuzione dei lavori, possiamo immaginare quanto il ritorno economico dovesse essere ingente. Il valore dei terreni irrigui, poi, si moltiplicava per quattro rispetto a quelli asciutti. I proprietari delle rogge, poi, lungo tutto il loro percorso vendevano i diritti per irrigare i campi, o cedevano temporaneamente ai contadini i loro diritti in cambio di lavoro gratuito. L'acqua veniva ovviamente misurata: un'oncia d'acqua, ovvero l'acqua che passava in una settimana attraverso un foro di 5 cm per 60 praticato nella roggia, poteva irrigare duecento pertiche milanesi, ovvero circa tredici ettari. Così si poteva cedere a poco a poco la proprietà delle acque, un tratto di roggia, qualche oncia d'acqua, come fanno i Marliani coi Borromeo man mano che le loro difficoltà economiche aumentano.

Era acqua che serviva a tutti gli usi, visto che per l'uso alimentare i pozzi erano pochi: a Seregno ve ne erano solo tre, perchè le falde qui sono profonde e raggiungerle non era semplice. E' perciò che la roggia Borromea ha rifornito di acqua anche Seregno, anche se in maniera sporadica, fino al diciannovesimo secolo. 

 

Altri servizi e inteviste agli autori:

Storia della Seregno rurale, fra campi e cascine, di Carmela Tandurella
Corti e Contrade del borgo di Seregno, di Pino Timpani
Blog Brianza Centrale, a cura di Zeno Celotto

 

Gli autori di Vorrei
Carmela Tandurella
Carmela Tandurella

Se scrivere è “scegliere quanto di più caro c'è nel nostro animo”, ecco perchè scrivo prevalentemente di letteratura. Storia, filosofia, psicologia, antropologia, tutte le discipline che dovrebbero farci comprendere qualcosa in più della nostra umanità, mi sono altrettanto care, ma gli studi classici, la laurea in filosofia, anni di insegnamento e una vita di letture appassionate mi hanno convinto che è nelle pagine degli scrittori che essa si riflette meglio. Il bisogno di condividere quello che ho letto e appreso, che prima riversavo nell'insegnamento, mi ha spinto ad impegnarmi prima con ArciLettore, poi, dal 2013, con Vorrei, del cui direttivo faccio parte. Da qualche anno sono impegnata anche nella collaborazione alle pubblicazioni e alle iniziative del Comitato Antifascista di Seregno e del Circolo Culturale Seregn de la memoria, di cui sono attualmente vicepresidente.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.