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Emozioni a caldo di una sandersiana di Monza

 

Mercoledì 9 novembre 2016. Ora italiana otto del mattino o giù di lì.
Alla televisione  John Podesta, il capo della campagna elettorale di Mrs. Clinton, annuncia che Hillary  rimanderà a domani il suo intervento televisivo. 

Io sono già pronta per andare a scuola, ma ho ancora un po’ di tempo prima di uscire e non ho più voglia di guardare la tele. La faccia di John Podesta,  le cui vergognose mail di boicottaggio a Bernie Sanders sono diventate di dominio pubblico in queste ultime settimane, mi irrita incredibilmente.  
Prendo una penna e mi metto a scrivere su uno dei tanti quaderni che raccolgono alla rinfusa pensieri, appunti, scarabocchi, frasi captate qua e là, impressioni sugli alunni, appuntamenti dal dentista ecc ecc. 

 So che scriverò di getto, sull’onda dell’emozione, senza le distanze che mi sforzo  di prendere quando provo a scrivere da giornalista. Ma  il tesserino io non ce l’ho e quindi tant’è.

 Ho seguito la nottata elettorale zappettando di qua e di là tra maratone italiane, Cnn e Foxnews e col computer sintonizzato su "The Young Turks" e "Democracy Now", due siti di informazione indipendente che ho imparato a conoscere, apprezzare e seguire sempre di più.
Spesso la concentrazione se ne andava e non tanto per gli abbiocchi di sonno ma per i ricordi, più vivi che mai, dei giorni di luglio trascorsi  a Filadelfia con i sostenitori di  Bernie Sanders.  Giorni, e notti, trascorsi  marciando per la città, cantando canzoni di Woody Guthrie e di Bob Dylan, inneggiando slogan e protestando fuori da quel Wells Fargo Center dove il congresso del partito democratico doveva scegliere il suo candidato  alle presidenziali. Giorni passionali vissuti come fossi una sandersiana nativa, e in fondo un po' lo ero, perché sentivo che quello che stava avvenendo lì andava oltre i confini degli Stati Uniti, che quella rivoluzione era degna di essere esportata come un prezioso bene internazionale. Giorni che ho provato a documentare su queste pagine in articoli forse troppo lunghi, forse anche un po’ complicati come qualche mio collega “prof” mi ha detto, ma che sono solo una sintesi riduttiva di tutto quello che ho visto accadere là. 

 In questo momento, a caldo, a giochi fatti,  posso solo dire che tutte le inascoltate proteste, richieste, implorazioni rivolte a coloro che avevano ancora la possibilità di scegliere Bernie Sanders invece di Hillary Clinton sono giunte alla loro fisiologica conclusione. 

 “O mia profetica anima!” dice Amleto dopo che il fantasma di suo padre gli rivela di essere stato assassinato dal proprio fratello Claudio, divenuto il nuovo re di Danimarca. 
O profetici giorni, vien da dire a me ora, parafrasando il principe. Avesse avuto la DNC almeno il buon senso, visto che l’onestà se n’era andata, di non uccidere quel Bernie Sanders che cercava di redimere la sua anima corrotta, questa mattina in ben altro modo titolerebbero i giornali!

 E c’è da credere che il mondo con Bernie Sanders presidente degli Stati Uniti avrebbe potuto cominciare ad essere un posto migliore in cui vivere. Per tutti. Certo neppure lui avrebbe avuto la bacchetta magica, però la certezza di poter contare su un ambasciatore capace di contaminare il mondo con qualcosa di pulito e di giusto, quella sì che l’avremmo avuta. Ma il partito democratico quell’ambasciatore non l’ha voluto e senza farsi scrupoli di sorta è riuscito a toglierlo di mezzo. 

Per avere cosa?  Esattamente quello che si merita. 
Grazie, partito democratico, grazie davvero!

 Michael Moore a conclusione del suo ultimo bellissimo film Michael Moore in Trumpland, fa una solenne promessa ad una auspicata eventuale  Hillary presidente. Di correre contro di lei tra quattro anni nel caso non dovesse adempiere a tutti gli impegni presi con Bernie Sanders.

Ormai quella promessa non serve più, ma l'idea di una futura accoppiata Sanders-Moore è l'unica momentanea consolazione.

 

 

 

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.