20180405 Bernie

L'ultima battaglia di Bernie Sanders il 2 giugno scorso ad Anaheim in California, nella Disneyland dove "i sogni diventano realtà", tra migliaia di lavoratori la cui realtà, lungi dall'assomigliare a un sogno, è sempre più simile a un incubo. 

Le cronache sandersiane delle ultime due settimane hanno registrato ripetuti attacchi del senatore alla Walt Disney Company e al suo CEO Robert Iger, uno degli amministratori esecutivi più pagati al mondo. 

Non è la prima volta che la compagnia, che vale circa 150 miliardi di dollari e che lo scorso anno ha avuto un profitto di 9 miliardi con un compenso per Bob Iger di circa 450 milioni per un contratto quadriennale, è nel mirino di Bernie.  
Già durante la campagna del 2016 Sanders aveva tenuto un affollatissimo comizio ad Anaheim, la cittadina californiana dove  si trova Disneyland, ed aveva scagliato i suoi strali contro le indecenti  paghe percepite dai lavoratori della corporation multimiliardaria. Adesso che la compagnia si trova a beneficiare di un ulteriore profitto di 1.6 miliardi di dollari grazie alla “flat tax" di Trump, mentre il 75% dei suoi dipendenti ha salari al di sotto della soglia di povertà, Bernie è particolarmente accanito e perseverante in questa lotta.

Le sue accuse sono supportate da precisi studi condotti monitorando le condizioni dei dipendenti di Disneyland: quasi 1 su 10 è senzatetto, 2 su 3 hanno una situazione di food insecurity, 3 su 4 non guadagnano abbastanza per soddisfare i bisogni primari.

Nei suoi recenti comizi ed interventi Bernie non ha avuto mezzi temini:

E’ un’infamia nazionale che i dipendenti del parco di Anaheim in California siano pagati talmente poco che moltissimi sono costretti a vivere in un accampamento di tende non lontano dal parco o nei motel, perché non possono permettersi l'affitto di una casa. (…)

Potrei sbagliarmi, ma non mi aspetto che questa sera su ABC, il canale di proprietà della Disney, vedrete trattare il tema della piaga di questi lavoratori sfruttati. Né immagino che sentirete parlare troppo di ineguaglianze di reddito e ricchezza nei media mainstream. (…)

Bob Iger sarà anche considerato dai suoi pari dell’élite finanziaria, mediatica e politica come un uomo d’affari brillante e di successo, ma la verità è che il modo in cui  Bob Iger e la Disney trattano i loro dipendenti è quanto di peggio c'è nel capitalismo contemporaneo.  (…)

Questa compagnia e questo CEO non solo pagano dipendenti qui negli Stati Uniti con salari estremamente bassi, ma impiegano molte migliaia di persone in Cina per produrre gli articoli in vendita nei Disney store e online. Questo tipo di capitalismo avido e spietato non è un modello economico che dovremmo accettare.”

Recatosi ad Anaheim il 2 giugno scorso per portare la sua solidarietà ai dipendenti di Disneyland, Bernie ha fatto un bagno di folla ed ha incontrato anche i rappresentanti di undici unioni sindacali che si sono riunite per ottenere condizioni di lavoro meno umilianti.  Un primo traguardo è stato raggiunto con la raccolta di circa  il doppio delle firme necessarie per poter consentire l'inserimento, nelle elezioni municipali di novembre, di un referendum sulla paga oraria minima di 15 dollari, uno dei principali cavalli di battaglia di Sanders.  

Accanto a Sanders sul pulpito di Anaheim si sono avvicendati diversi lavoratori del parco californiano, che hanno testimoniato le loro difficoltà di sopravvivenza in uno stato dove, a fronte di un costo della vita molto elevato, gli stipendi si sono progressivamente e costantemente abbassati negli ultimi 15 anni.

Una dipendente in particolare, Grace Torres, ha suscitato commozione e indignazione quando trattenendo a stento le lacrime ha interpretato il pensiero della moltitudine dei presenti, “La Disney  si vanta di far diventare i sogni realtà. Ma dov’è il mio sogno?”, parafrasando la celeberrima canzone di Cenerentola I sogni son desideri, che da quasi 70 anni è il simbolo della fiaba disneyana della felicità per tutti.

E Bernie, ribadendo tutte le sue accuse, compreso "l'osceno taglio di tasse regalato da Trump" che ha ulteriormente rimpinguato le tasche della compagnia e dei suoi vertici, ha presentato la Disney come il classico "esempio di quello che si intende quando si parla di economia corrotta".  Con un "sarebbe bello" ha inverosimilmente auspicato che l'azienda sposti negli Stati Uniti la produzione delle t-shirt e dei vari articoli di merchandising, che vengono realizzati  in Cina  a costi bassissimi,  "sfuttando migliaia di lavoratori cinesi".

Ma soprattutto ha ribadito con forza la parola SHAME (vergogna),  domandando insistentemente alla Disney e delle altre corporation miliardarie di fornire una giustificazione morale ai loro comportamenti.  

“Dobbiamo mostrare la vergogna  della Disney. Sono curioso di sentire la difesa morale di chi fa miliardi di dollari di profitto riducendo alla fame i suoi dipendenti.  (...) La lotta che voi state affrontando qui a Anaheim non è soltanto per voi. E’ una lotta per milioni di lavoratori che in tutto il paese sono nauseati e non ne possono più di lavorare sempre più ore a paghe sempre più basse.” 

A parte un intervento della portavoce della compagnia Suzi Brown, che ha insistito sul fatto che i dipendenti sono trattati bene, che gli studi su cui si basano le accuse sono falsi e che "Sanders continua a criticare la Disney per potere restare nei titoli principali delle news", la difesa morale dei vertici esecutivi non è ancora arrivata. 

Forse Bob Iger ritiene sufficiente il messaggio mandato al senatore  alcuni giorni prima del raduno di Anaheim,  in risposta ad una petizione inviatagli da Bernie e sottoscritta da migliaia di firmatari:

L’avidità della Disney Company deve finire. E’ giunto il momento di pagare a tutti i dipendenti della Disney un salario minimo di 15 dollari all’ora. Niente di meno. 

Commentata da quelli di Fox News tra sghignazzamenti e prese in giro di Sanders, la risposta di Bob Iger recitava:

Noi abbiamo creato 11.000 nuovi posti di lavoro a Disneyland negli ultimi 10 anni, e la nostra compagnia na ha creati 18.000 negli Stati Uniti negli ultimi cinque anni. Quanti posti di lavoro ha creato lei? In che modo  ha contribuito lei all’economia degli Stati Uniti? 

Che dire? Nulla, se non citare alcune parole che Shakespeare fa dire ad Amleto a proposito di “oltraggi degli oppressori, ignoranza dei superbi, arroganza dei potenti e sfregi che l’umiltà dei meritevoli subisce da parte degli indegni."

 

Articolo precedente su Bernie Sanders 2018:

Bernie sanders (1): dove eravamo rimasti?

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

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