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 Una comunità nella comunità, da più di vent'anni nel Vimercatese, produce valore relazionale umano e lo trasmette nel territorio in pratiche culturali di scambi osmotici e reciprocità

 

Prosegue il nostro tour nelle comunità della Brianza Vimercatese, dopo l'Associazione Minerva abbiamo intervistato i dirigenti della Cooperativa Sociale Aeris. Arianna Ronchi, presidente, Sergio Saccavino, direttore commerciale e Laura Saudelli, vicedirettore

  

La Cooperativa Sociale Aeris

Le sue radici affondano nella cultura teatrale di fine anni '70, quando un gruppo di attori fonda, nel 1979, la Cooperativa Tangram che si occupa di organizzare spettacoli e animazione per bambini. Nel corso degli anni '80 il piccolo gruppo si evolve e diviene uno dei principali attori della scena culturale nel circondario di Vimercate, gestendo sale teatrali e cinematografiche e ideando un festival cittadino di promozione teatrale per bambini, La città dei ragazzi che diviene celebre e seguito per più di 27 anni.

 L'interesse crescente per il mondo dell'infanzia porta Tangram a occuparsi, oltre agli aspetti ricreativi e ludici, anche dei temi educativi e delle problematiche connesse, formando con il tempo una sezione di esperti professionisti in grado di portare le proposte educative, allargandole dalle scuole e doposcuola, verso l'area sociale del disagio. Nel 1994, per effetto di una nuova legge di riorganizzazione dei servizi sociali, la sezione educativa viene scorporata e distinta con il nome di Tangram 2. Passano alcuni anni e nel 2003 Tangram 2 compie un prodigioso salto di crescita, fondendosi con la cooperativa brugherese Ecate.

 Negli anni 2000 Aeris è tra gli attori principali della rete di cooperative del Vimercatese, fino a diventare un colosso locale del terzo settore. Oggi, con 480 dipendenti in gran parte soci, è classificata come grande impresa. La matrice Vimercatese dell'impresa conserva tutt'ora un'impronta identitaria, avendo stabilito come sua sede un edificio nella frazione di Velasca, nell'area ex industriale della periferia nord, vicino all'ex stabilimento produttivo Ibm ora dismesso, impiantato negli anni '50 e suo tempo punta di eccellenza Hi-Tech.

 Il nostro interesse verso Aeris si è focalizzato nel tema che stiamo indagando, cioè il formarsi di comunità particolari e connotate che hanno come mission interagire con il territorio e ricreare legami sociali complessi. Lo abbiamo indagato prima nel servizio con la citata Associazione Minerva. Proseguiremo con un ulteriore servizio di approfondimento sulla comunità che fa riferimento al Desbri, distretto di economia solidale della Brianza.

 Aeris, come vedremo nel servizio, non è la cooperativa stereotipo, quella più diffusa nei luoghi comuni che vogliono classificare, superficialmente, il concetto di cooperativa dipingendolo come una forma assistita da sgravi fiscali e a svantaggio delle aziende a capitale privato: è a tutti gli effetti un’impresa come le altre, anche se non capitalista e per sopravvivere deve competere, innovarsi e stare al passo della concorrenza. Oltre a questo preconcetto, negli ultimi anni Aeris si trova impegnata a fronteggiare il tema drammatico e controverso dell'immigrazione, provando a declinarlo, investendo risorse proprie, in varie iniziative di impatto nella comunità del territorio.

 

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"Natura facit saltus" - Cit. Bertolt Brecht - Foto di Pino Timpani

 

La cooperativa esiste da oltre vent'anni ed è una realtà profondamente radicata nel territorio Vimercatese 

Quando è nata Aeris? 

Arianna Ronchi: La cooperativa esiste da oltre vent'anni ed è una realtà profondamente radicata nel territorio Vimercatese. Il prossimo anno sarà il venticinquesimo anniversario della fondazione. Nasciamo qui a Vimercate, ma nel corso degli anni abbiamo sviluppato ed esteso le nostre attività anche in altri territori e province. Oltre a Monza e Brianza, siamo attivi nella provincia di Milano, di Lecco, di Como e di Bergamo. Da qualche anno stiamo collaborando con la città di Torino. Siamo una cooperativa sociale che si occupa di servizi alla persona, in particolare di servizi socio-educativi, abbiamo oltre 480 dipendenti, in maggior parte soci. 

Laura Saudelli: Da quest'anno la dimensione ci ha fatto entrare nel novero delle grandi imprese sociali. 

Ma la classificazione di grande impresa non si acquisisce già con il superamento dei 250 dipendenti? 

Sergio Saccavino: Si, nel nostro caso la abbiamo acquisita con il superamento, per due anni consecutivi, del parametro di 250 unità lavorative annue (ULA), vale a dire il numero complessivo di dipendenti effettivi, cioè a tempo pieno, in un anno all’interno della nostra realtà. Ovviamente, essendo un’impresa sociale, i numeri in termini di fatturato sono ben diversi da quelli che colleghiamo abitualmente a una grande impresa. 

Arianna Ronchi: Tuttavia guardiamo il mondo delle imprese con interesse, perché, pur essendo di natura sociale, nello stesso tempo siamo una grande impresa. Nel nostro caso l'evoluzione che vogliamo perseguire è di coniugare l'aspetto della partecipazione della base sociale, siamo quasi tutti azionisti, con le sfide e i meccanismi che si presentano alle grandi imprese, perché comunque dobbiamo confrontarci con il mercato. 

Dovete affrontare la competizione?

Arianna Ronchi: Viviamo anche la competizione e abbiamo la necessità di ampliarci in nuovi settori che permettano un aumento del fatturato e anche possibilmente una marginalità meno stretta che in parte ci caratterizza. Sono tutti elementi degni di attenzione da parte nostra e su cui sviluppare la nostra azione complessiva. Non a caso da un paio di anni abbiamo ridefinito la nostra organizzazione, appunto per attrezzarci verso questa sfida, attuando un modello in grado di riuscire a mettere in campo strumenti di innovazione e sviluppo. Quindi abbiamo costituito un settore apposito di ricerca e sviluppo e una direzione commerciale. 

Per stare nel mercato è indispensabile individuare strategie chiare ed efficaci?

Arianna Ronchi: Assolutamente sì e anche in un'ottica più precisa di individuazione e pianificazione delle azioni da mettere in atto. Abbiamo aggiunto ulteriori strumenti: una direzione di produzione, perché la filiera delle nostre attività e dei progetti è tale per cui è importante riuscire a governarne le interconnessioni, quindi c'è chi è preposto specificamente al compito eparimenti una direzione amministrativa più efficiente e sinergica.  

Aeris nasce nel 2003 con l'unione di due cooperative: la Tangram 2 e la cooperativa Ecate di Brugherio 

Ne traspare un’impresa moderna ed efficente, in grado di rispondere ai bisogni nuovi e complessi della società. Proviamo a fare un passo indietro, poi torneremo ancora sulla vostra struttura d'impresa, per scoprire da dove nasce, in quale contesto si è formata ed evoluta. In che anno è stata creata?

Arianna Ronchi: Aeris nasce nel 2003 con l'unione di due cooperative: la Tangram 2 e la cooperativa Ecate di Brugherio. Avevano genesi e percorsi molto differeti tra loro: la Ecate era composta da un piccolo gruppo di operatori, educatori e psicologi con un ambito d'intervento molto specifico e rigoroso, seppure concentrato in poche attività; la Tangram 2 era invece più grande, più radicata nel territorio e con una storia pregressa più importante e riconosciuta, ma con la necessità di formare coordinatori per gestire al meglio il funzionamento. Pur avendo molti più operatori e svariate attività, a Tangram 2 mancava una struttura dirigente specializzata nell'intervento sul sociale, mentre Ecate necessitava di aumentare la propria attività allargando la base sociale e territoriale e in questo modo evitare il rischio di implodere. Questi due bisogni si sono trovati a confronto, favoriti dal fatto che le due realtà avevano l'occasione di incontrarsi nell’ambito di progettazioni promosse dai servizi territoriali del Vimercatese 

Prima dell'istituzione dei Piani di Zona?

Arianna Ronchi: Sì, ancora nel contesto della Legge 45 del 1999. La USL, poi diventata ASL e ora AST, a quei tempi coordinava territorialmente la progettazione degli interventi di prevenzione finanziati dalla Legge 45 del 1999. Le riunioni organizzate per la preparazione dei progetti sono state occasione di incontro fra operatori, favorendo la conoscenza e il confronto sulle priorità da mettere in campo in ambito socio-sanitario.

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Il pubblico di Camsirago ritratto da Simone Casetta nel 1993 per la locandina del 1994

  

Tangram 2 invece è nata a Vimercate, in quale anno?

Laura Saudelli: Nel 1994, data a cui facciamo risalire la storia di Aeris, anche se la sua nascita effettiva è quella della fusione nel 2003 con Ecate, avvenuta anch'essa a Vimercate. 

Aeris è un acronimo? 

Arianna Ronchi: È l'acronimo di animazione, educazione, ricerca e intervento sociale. Ora lo utilizziamo poco, ma ai tempi voleva riassumere le varie anime delle due cooperative

Aeris è l'incontro di due differenti approcci: quello delle radici di Tangram, più legato alla cultura e socio-educativo e quello di Ecate, più centrato all'offerta di servizi alla persona

 Di cosa si occupava Tangram 1?

Laura Saudelli: E' nata per prima, nel 1979 e ha una radice propriamente culturale, costituendosi in principio in un gruppo teatrale e specializzandosi nel tempo nella proposta animativa/educativa, nella gestione di diversi cinema, di una libreria e sviluppando molteplici progetti culturali, tra cui quello più famoso e longevo: il festival “La città dei ragazzi”, ideato appositamente per la città di Vimercate e giunto alla ventisettesima edizione. Tangram 2 viene fondata nel 1994 per separare l'attività prettamente commerciale, affidandogli la conduzione di attività animative e socio-educative. Aeris è l'incontro di due differenti approcci: quello delle radici di Tangram, più legato alla cultura e socio-educativo e quello di Ecate, più centrato all'offerta di servizi alla persona. L'unione delle risorse e del patrimonio umano delle due cooperative è stata possibile grazie alla complementarietà dei due approcci. 

Arianna Ronchi: Ha contribuito anche il bisogno nascente nel territorio di avere un punto di riferimento più solido, per esempio per le progettazioni: le riunioni che si svolgevano con la vecchia Usl, sono state propedeutiche a definire nel tempo il ruolo dei soggetti che poi sono diventati gli enti gestori, enti con il compito di tradurre concretamente i progetti e l'erogazione pratica di servizi. Allora non esisteva ancora l'azienda consortile dei comuni, Offertasociale e le politiche sociali erano gestite a livello comunale, senza una cornice unitaria di riferimento. 

E' il periodo iniziale di quella che viene definita “Seconda Repubblica” dove ha preso corpo il principio di sussidiarietà e lo Stato e le istituzioni locali hanno iniziato ad affidare alcune funzioni all'esterno. Secondo voi, per quale motivo nel territorio Vimercatese, nel settore sociale in particolare, c'è stata un'evoluzione sfociata nella creazione di strutture di riconosciuta eccellenza, al contrario di quanto avvenuto in territori vicini, come per esempio a Monza?

Sergio Saccavino: Penso che derivi da due fattori sinergici: i comuni del Vimercatese hanno dato vita all'azienda speciale consortile, Offertasociale, caratterizzata da una forte centralizzazione dei servizi e funzionalità; le stesse amministrazioni comunali sono riuscite a coinvolgere le risorse esistenti nel territorio, aiutando la costituzione di un terzo settore molto coeso. A questa operazione ha fatto da contraltare la speculare nascita di un consorzio di cooperative sociali del territorio, CS&L, di cui facciamo parte e che ha aggregato al meglio le realtà territoriali del Terzo Settore. Tra queste Aeris è una di quelle che è cresciuta maggiormente.

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Presentazione di Laura Saudelli presso la Cascina Lodovica di Vimercate - Foto di Pino Timpani

 

Nel consorzio coesistono cooperative di varia estrazione. La vostra ha una connotazione identitaria particolare? 

Sergio Saccavino: Nel definirci laici, non abbiamo alcun problema a relazionarci con altre realtà diverse da noi e collaboriamo con chiunque presenti convergenze con i nostri principi e valori di fondo, che poi sono il frutto della nostra storia costitutiva. Non facciamo ovviamente politica, né ci riferiamo ad alcun partito. 

Quali sono i vostri principi valoriali?

Laura Saudelli: Sono scritti nello Statuto ed esplicitati nella nostra Mission e nella dichiarazione di intenti della Carta dei Valori. Nella cooperativa, costituita da una pluralità di visioni che possono talvolta divergere, del resto siamo in tanti, condividiamo integralmente i principi valoriali, con una grande attenzione alla nostra coesione, nell'idea di formare un senso comune di appartenenza. 

Il nostro impegno si rivolge alla comunità del territorio, ma anche alla realtà della comunità cooperativa, che poi si potrebbe definire comunità nella comunità 

Appartenenza alla comunità del territorio? 

Laura Saudelli: Alla comunità del territorio, ma anche alla realtà della comunità cooperativa. Le cariche sono gestite sempre in uno spirito collettivo, alternandosi nei compiti: per esempio Sergio è stato in precedenza presidente, così come anche altri hanno svolto incarichi nei vari ambiti di lavoro. Il nostro impegno si rivolge alla comunità del territorio, ma anche alla realtà della comunità cooperativa, che poi si potrebbe definire comunità nella comunità. La nostra organizzazione è gestita con spirito corale: la direzione è composta da più figure che definiscono le questioni in gruppo; i ruoli nel tempo cambiano, anche per effetto del nostro regolamento che prevede un massimo di tre mandati consecutivi per il consiglio di amministrazione. La maggior parte della nostra base sociale, siamo oltre 500, è composta da educatori. La produzione di valore educativo e sociale per le comunità è la nostra priorità. Ogni nostro intervento è costruito con la comunità di riferimento: entriamo in contatto con le famiglie, con le scuole e i servizi territoriali e qui costruiamo reti, nella precisa convinzione che la prossimità e la relazione siano i motori per una società solidale e inclusiva. La relazione con il territorio è la gran parte delle nostra mission. 

Create un percorso insieme alla comunità?

Laura Saudelli: Si creano dei legami, a volte forti. Sono dovuti al tipo di compito che svolgiamo: dall'assistenza scolastica, all'assistenza domiciliare ai minori, al sostegno alle persone in condizioni di fragilità. Rivolgiamo una grande attenzione a quella parte di popolazione svantaggiata, che può essere di ordine economico-sociale, psicologico o legata a una condizione di disabilità. C'è una visione condivisa che si esprime nell'attenzione verso l'altro e nella declinazione della parola “accogliere”, parola che ci caratterizza nel senso lato di “accogliere l'altro” con i suoi bisogni e le sue identità. Il nostro essere comunità nella comunità, come si diceva prima, ci porta a compiere una forma di osmosi tra noi e l'esterno.

Con questo modello di legami siete anche in grado di saper cogliere quanto di nuovo e di cambiamento avviene nella comunità del territorio?

Laura Saudelli: Certamente. L'avere istituito il settore ricerca e sviluppo, che è più in uso nelle imprese commerciali, ha anche la finalità di potenziare la nostra predisposizione e percepire meglio il sorgere di bisogni nuovi, non ancora studiati e interpretati, di innovare e introdurre metodi più efficaci per intercettare i cambiamenti e dare loro risposte adeguate. Stiamo provando a mettere a punto un progetto, per il momento in fase di incubazione, che prevede un metodo nuovo di relazione rispetto ai classici e catalogati percorsi educativi: l'idea è di uscire dagli ambiti confinati scuola-casa, coinvolgendo alunni e famiglie in spazi di relazione sociale più ampi, anche qui seguendo un processo di osmosi, dove le acquisizioni esperienziali si trasferiscono attraverso una crescita delle relazioni.

Il concetto è di non fermarci nel perimetro del servizio che svolgiamo, ma di ampliarlo verso uno sviluppo più complessivo di comunità 

Arianna Ronchi: Il concetto è di non fermarci nel perimetro del servizio che svolgiamo, ma di ampliarlo verso uno sviluppo più complessivo di comunità. E' uno dei nostri principi di fondo: lavorare in termini generali e in modo sistemico. Non concentrare le energie impegnandosi in modo avulso nelle singolarità. In altre parole, quando mettiamo a punto un progetto, l'intenzione è di andare ben oltre la specificità a cui è rivolto, di predisporre, sempre, le azioni più adeguate a fornirgli, già all'avvio, un potenziale di virtuosità finalizzato all'avanzamento generale della comunità. L'esempio, fatto prima da Laura, coincide con il principio, perché un singolo problema, entrando negli spazi più ampi, cessa di essere particolare e può trovare più facilmente soluzione, addirittura si può trasformare in un arricchimento della comunità. Certo non è così semplice metterlo in atto, anche perché si tratta di un processo complesso e partecipato che può comportare la gestione di dinamiche complesse e onerose. Ma noi ci crediamo e ci riversiamo tantissime delle nostre energie. 

È più di una semplice erogazione di un servizio? 

Arianna Ronchi: Gestire bene un servizio, secondo me, è un'opera assolutamente degna di rispetto. Senza nulla togliere a questo, qui cerchiamo di andare oltre, nel lavoro assai più difficile di intrecciare relazioni per portare a una modificazione condivisa del contesto in cui si opera. 

Laura Saudelli: Proviamo a costruire e allargare la comunità. Siamo convinti, anche alla luce di quanto sta accadendo di involutivo negli ultimi tempi che, per risolvere i problemi, la chiave sia aprire, l'aprirsi delle comunità, sia all'interno che all'esterno di se stesse. Questo lo perseguiamo con convinzione, partecipando alla costruzione di reti. 

Reti di carattere nazionale? 

Laura Saudelli: Non siamo ancora a un livello così alto. Lo facciamo in grande misura sul livello interprovinciale e regionale. Abbiamo il desiderio di uscire dai limiti, di andare oltre i confini, che siano geografici o mentali: è un motto che abbiamo fatto nostro, riconoscendolo come una forma per trovare soluzioni ai problemi, superare i blocchi, le difficoltà, le incomprensioni, aprendosi all'interculturalità. Peraltro sono concetti che appartengono al Terzo Settore e noi cerchiamo di praticarli quotidianamente. Sono i punti di riferimento del nostro agire. Attualmente facciamo parte di due consorzi: il prima citato CS&L di Cavenago di Brianza e il Consorzio Consolida di Lecco. Ma le reti sono anche quelle che si creano attraverso i progetti che ci hanno permesso di entrare in contatto con realtà cooperative, culturali, universitarie, pubbliche e del mondo profit di altre regioni e, attraverso i bandi europei, anche di paesi esteri.

 

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Siamo in grado di ascoltare? - Installazione di Enrica Passoni, presso la chiesa di Cascina del Bruno (frazione di Arcore) - 12 e 13 settembre 2015

 

Oltre all'attività socio-educativa, in quali altri campi intervenite?

Sergio Saccavino: Siamo attivi in tantissimi servizi, per cui ci occupiamo di alcune aree che storicamente abbiamo sempre affrontato, come la disabilità, le politiche giovanili, la prima infanzia ecc. Nel corso dei 25 anni di attività abbiamo ampliato il nostro operato in nuovi ambiti. In particolare negli ultimi anni abbiamo cominciato a intervenire nelle questioni del mondo del lavoro e nel tema, oggi enfatizzato a dismisura, a proposito e a sproposito, dell'immigrazione. 

Sull'immigrazione come intervenite? 

Sergio Saccavino: Ci occupiamo da sette anni dei richiedenti asilo. L'avvio è stato casuale, perché è nato dal fatto che, tra le nostre attività, ci occupavamo anche di housing sociale. In un contesto di emergenza, la Prefettura di Monza e Brianza, venuta a conoscenza che gestivamo una serie di abitazioni, ci contattò per chiederci se avessimo appartamenti disponibili per alloggiare alcuni richiedenti asilo. Con la nostra risposta affermativa iniziò un'attività che, nel corso di questi sette anni, ci ha portati a diventare professionisti di questa tematica, occupandocene a tutto tondo nelle varie implicazioni della stessa. Attualmente gestiamo tre centri di accoglienza straordinaria (CAS): uno per conto della Prefettura di Monza, uno per quella di Milano e uno per quella di Lecco. Gestiamo anche due servizi di accoglienza ordinaria (SPRAR): uno per conto di Offertasociale e l'altro per conto del Comune di Monza. Da subito abbiamo partecipato all'esperienza, concependoli come servizi, nello stile del nostro approccio complessivo e descritto prima da Laura e Arianna, finalizzati all'integrazione. Inizialmente i bandi promossi dal Ministero degli Interni richiedevano tre elementi basilari e poco più: il tetto, il vitto e il vestiario. Noi, invece, abbiano subito concepito la realizzazione di questo servizio con l'aggiunta, non richiesta in quel momento, di attività di integrazione nel territorio, di formazione e di riqualificazione professionale. 

Vi siete posti, unilateralmente, il problema di superare questo limite?

Sergio Saccavino: Fa parte della nostra natura. Non potevamo accettare assolutamente il compito di “parcheggiare” decine di persone, migliaia per la provincia, con tutte le nefaste conseguenze per loro e, probabilmente, per il territorio. Abbiamo agito a nostro modo, inserendole, per quanto ci è stato possibile ed evitando la concentrazione ghettizzante, nel tessuto sociale del territorio, provando a sperimentare progetti di volontariato, di esperienze formative e di tirocinio, per rendere le persone, di cui ci siamo presi carico, attive e più preparate al futuro che le attende, qualunque e ovunque sia il loro destino. 

Quindi avete operato un coinvolgimento delle associazioni del territorio al problema? 

Sergio Saccavino: Associazioni, ma soprattutto imprese, coinvolgendole nell'inserimento sociale ma anche lavorativo. Nel corso dei sette anni ci siamo occupati di circa 700 richiedenti asilo che sono stati coinvolti in attività di volontariato, corsi di formazione professionale e tirocini lavorativi. Facciamo parte della Rete Bonvena, un’ampia rete di soggetti del privato sociale nel territorio che ha scelto di unirsi per gestire assieme questo tema delicato. Abbiamo ulteriormente aggiunto attività culturali con il coinvolgimento delle amministrazioni locali e della popolazione. Negli ultimi due anni abbiamo organizzato una serie di incontri e conferenze con il titolo “Dobbiamo accogliere?” condotti da Daniele Biella. 

Perché dobbiamo accogliere? 

Sergio Saccavino: Il titolo ha il punto di domanda perché vuole proporsi in maniera aperta a qualunque cittadino del territorio. Gli incontri hanno fornito dati e punti di vista rispetto al fenomeno migratorio perché molto spesso questa tematica è trattata sbrigativamente con slogan e semplificazioni utili per fini elettorali. Modalità che non solo non aiutano a risolvere i problemi esistenti e oltretutto drammatici, ma addirittura li complicano. Credo che in questa fase valga la pena fare una riflessione: nel clima sociale c'è un incattivimento, vengono dette cose che fino a poco tempo fa facevano vergognare al solo pensiero chi ora le pronuncia. Probabilmente è dovuto a un certo livello di degrado della competizione politica, in cui i temi vengo meramente strumentalizzati. Nel nostro piccolo stiamo provando, sempre con le nostre risorse, a riportare l'attenzione verso la complessità dei problemi.

 

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Distribuzione del libro Con altri occhi - Foto di Pino Timpani

 

Sergio Saccavino: Un esempio, ne è il libro “Con altri occhi - Incontri nelle scuole dialogando di migrazioni”, ideato e autoprodotto in 3.000 copie da Aeris e scritto dal coordinatore del progetto e giornalista esperto di migrazioni, Daniele Biella (Ne abbiamo scritto qui in Vorrei, ndr). Il libro nasce dal progetto omonimo che ogni anno entra in centinaia di classi (in due anni abbiamo raggiunto 150 classi per un totale di 8.000 anni). E' stato scritto volutamente con un linguaggio comprensibile sia ai bambini (dagli 8 anni in poi) e sia agli adulti e ha obiettivi non solo didattici, ma anche di fornire maggiori strumenti, utili a conoscere e interpretare le storie personali e le complesse dinamiche migratorie che stanno interessando l’Europa negli ultimi anni. Strutturato in capitoli che hanno come titoli le domande più frequenti degli studenti, Con altri occhi porta il lettore nelle aule scolastiche, attraversa i dubbi e le considerazioni degli stessi alunni e il confronto diretto con il nostro coordinatore e le persone in accoglienza. Il risultato è un ulteriore viaggio che racconta come il tema delle migrazioni sia in grado di stimolare la crescita personale di ognuno di noi, partendo dal mondo della scuola per arrivare alla vita quotidiana. Il libro, recensito anche nella versione online della testata giornalistica “Internazionale”, sta avendo riscontri positivi da tutta Italia, con centinaia di persone che ci hanno scritto per entrarne in possesso. Il successo è tale da indurci a pensare di proporre il libro a un paio di editori e introdurlo nelle scuole come testo didattico. Abbiamo, inoltre, partecipato alla campagna promossa da Offertasociale“Sulla stessa barca” che riprende lo stesso tema riportandolo alle scuole secondarie. 

Arianna Ronchi: La pubblicazione di questo libro mi è piaciuta particolarmente, perché riprende fedelmente il nostro approccio ai problemi, provando ad andare controcorrente ai luoghi comuni e al pensiero prevalente per vedere le cose da un altro punto prospettico, appunto con altri occhi. Nonostante l'aria pesante che circonda questi temi, abbiamo scoperto grandi potenzialità e voglia di capire da parte dei ragazzi. La stessa cosa è avvenuta con il progetto “Sulla stessa barca”, una campagna di comunicazione territoriale a cui Aeris ha partecipato: molti studenti delle scuole secondarie hanno preso coraggio e deciso di liberarsi dalla costrizione, decisamente omologante, dei preconcetti più facilmente diffusi nella popolazione. Omologazione che si realizza in una sorte di gabbia di pensiero, laddove anche il semplice esporre una posizione differente dal pensiero prevalente, viene repressa dalla paura di ricevere insulti e altre forme lesive personali. Nessuno dei ragazzi coinvolti si è tirato indietro dall'intenzione di mettere la propria faccia nei cartelloni, esposti in punti strategici del territorio. 

Su questo tema, possiamo dire che la vostra azione si rivela una preziosa forma di aiuto verso quella parte adolescenziale che, nonostante il pesante clima di paura imperante, conserva integre le sensibilità e facoltà di comprensione? 

Arianna Ronchi: Se è così questo ci gratifica molto e tuttavia l'andare contro tendenza a un pensiero omologante, anche se prevalente, è una caratteristica del nostro Dna. E’ ciò che promuoviamo all’interno dei nostri progetti di politiche giovanili, in cui accompagniamo i ragazzi nella costruzione di un pensiero critico, talvolta tanto peculiare, da divenire un modo originale per guardare diversamente le cose. I ragazzi in questo sono una risorsa eccezionale. Aprire nuovi spazi, siano essi mentali, fisici o istituzionali fa parte, come si diceva prima, della nostra mission.

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.