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Un contributo

 

 

La Vasca Volano di Agrate Brianza ha disposto uno spazio per la creazione di un bosco, dedicandolo a Matteo Barattieri. La proposta è stata pensata da un gruppo di amiche e amici agratesi.

 

La Vasca Volano è una delle oasi naturalizzate a cui Matteo Barattieri ha dedicato un intenso e lungo lavoro di costruzione e mantenimento. Fu chiamato a collaborare e ad aiutare dalla giunta presieduta dal Sindaco Adriano Poletti che aveva accettato la scommessa al recupero ambientale di un'area ai confini con Carugate e Caponago e parte residuale di una più vasta area industriale, tagliata in due dalla Milano-Venezia e in cui sono ancora presenti diversi spazi degradati, conseguenze della trasformazione di aree dedicate nei secoli all'agricoltura e poi sacrificate allo sviluppo industriale. Tutto era avvenuto nel lungo processo di industrializzazione, soprattutto tra gli anni '50-60, a tratti repentino e convulso, in cui il piccolo comune di Agrate si trasformò da paese prevalentemente agricolo in cittadina industriale. Nel progetto avevano pensato di adattare una vasca di contenimento delle acque piovane, costruita negli anni '80, in un'area umida ad alta qualità ambientale.

 

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Luigi D'amato e Fabio Papotti - Foto di Pino Timpani

 

Si trattava di porre un rimedio ai disastri dell'industrializzazione. Ma i rimedi postumi sono sempre e comunque complicati. Richiedono ingenti risorse e il più delle volte queste non sono disponibili alle amministrazioni. E' paradossale, ma la ricchezza prodotta dai processi di industrializzazione, ha depauperato e sconvolto il territorio, a volte in modo irreversibile e le amministrazioni, seppure animate da buone intenzioni, sono spesso costrette a ricorrere a bandi di ogni genere per realizzare progetti di recupero e riqualificazione, anche a quelli di enti privati di beneficenza, come la Fondazione Cariplo; pure si devono appoggiare alla disponibilità di volontari, in questo caso di un gruppo, composto da pensionati, di cui i principali conduttori sono Luigi D'Amato e Fabio Papotti. Li avevamo intervistati qui qualche anno fa, con un servizio a supporto proprio di Matteo Barattieri, esperto di avifauna.

 

Questo è, a mio parere, il motivo principale per cui Matteo si è meritato la dedica: è un riconoscimento della comunità a uno dei suoi componenti migliori, per tutta la vita dedito alla causa per l'ambiente; nel farlo, non si vuole consegnare banalmente un premio, ma di più: dare un un senso all'agire di quella, purtroppo, piccola schiera di cittadini sensibili al territorio, provare a creare l'archetipo, non nel senso sacrale, un'eroe, un modello da emulare, ma piuttosto dare impulso all'idea, possibile per chiunque, di potersi dedicare con più attenzione e amore alla terra in cui è nato, a quella che lo accoglie nel suo vivere. Ripristinare il legame indissolubile con la Terra dal rimosso quotidiano di indaffarati e sfuggenti, distratti dall'alba al tramonto e anche oltre, a correre verso l'effimero, senza mai averne piena consapevolezza, forse credendo che la ricchezza sia accumulare beni materiali, oltretutto non durevoli. Allora, esiste un momento in cui ci si può fermare e si possono mettere le radici: si può piantare un albero.

 

Il Cozzo e la Morte

 

E' la prima delle tre parti che compongono la nota opera Lamento per Ignacio Sànchez Mejìas di Federico Garcia Lorca. Qui il poeta descrive l'attimo della morte del suo amico, avvenuta in una corrida, alle cinque in punto della sera, una fatalità - non fatalità. La corrida spagnola è un rituale di rappresentazione simbolica della sfida alla morte, un frazione di respiro, una pausa al senso di morte che accompagna gli esseri umani dalla nascita. L'anima e il sangue, il corpo e la terra.
Nel 2009 ho saputo che Matteo aveva paura di viaggiare in auto. E' stato in un'occasione che riguardava peraltro la Vasca Volano. L'Associazione Parchi del Vimercatese, di cui ero presidente, aveva chiesto all'assessore all'urbanistica di allora, Luigi Riccio, un incontro per trattare alcune questioni urbanistiche. Avevo chiamato al telefono Matteo per chiedergli di partecipare, in virtù del suo impegno alla Vasca Volano.

 

Quando andai in auto a prenderlo sotto casa, la prima cosa che mi disse, salendo, fu di fare attenzione alla guida. Mi spiegò subito che aveva paura della velocità, che lui viaggiava a piedi, in bici o con i mezzi pubblici, ma non in auto. Tenni una guida ultra moderata, da autista con il cappello. Nonostante tutto, la sua tensione era palpabile a vista. Allora cominciai a sproloquiare, un poco per sdrammatizzare, sul tema psicologico e antropologico dell'auto, sostenendo la tesi che qualunque individuo che si mette alla guida di un'auto, si trasforma e si disumanizza, suo malgrado, divenendo inesorabilmente cosa altra. Nel mezzo inserì citazioni di Crash, romanzo di James Ballard, in cui si confonde e si capovolge il ruolo del soggetto e dell'oggetto tra l'uomo e l'auto, tra chi agisce e chi subisce. Tra chi guida e chi viene guidato. Durante lo sproloquio, Matteo sghignazzava, a tratti, quando facevo degli esempi di estreme forme di minchionaggine dell'Homo Automobilistico. Solo dopo ho saputo che il suo papà venne meno in un incidente automobilistico.

 

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Matteo Barattieri conduce una visita guidata al convento delle Grazie Vecchie - Foto di Pino Timpani

 

Come Ignacio Sànchez Mejìas fu ucciso dal cozzo di un toro, Matteo è stato travolto e ucciso da un'auto, con la differenza ribaltata che, mentre Ignacio inseguiva il toro, Matteo fuggiva dall'auto. Ne aveva fatto una scelta etica di vita: era anche un modo per contrastare e ridurre gli effetti nefasti, dell'inquinamento, del consumo abnorme e in parte inutile di energie fossili in combustibili. L'immagine che conservo di lui, è vederlo nel suo tipico aspetto, vestito con calzoni corti e scarponcini, anche in autunno e in inverno, pedalare la sua bici e destreggiarsi nel traffico, con lo zainetto sulle spalle. L'ho incrociato diverse volte. Non era l'unica persona che conosco con questa visione: l'architetto-urbanista di Milano, Luigi Caprarella, mai ha fatto la patente e mai ha avuto un'auto, pur vivendo in una metropoli. Si è sempre spostato, facilmente, con i mezzi pubblici. E' la dimostrazione che si può arrivare anche senza auto in ogni luogo, organizzandosi opportunamente per tempo.

 

Ma, anche non utilizzando l'auto, non ci si mette comunque al riparo salvifico dalla morte: gran parte della vittime di incidenti stradali sono pedoni e ciclisti. Questo lo sappiamo bene tutti. Abbiamo appreso con dolore quanto è successo in quella notte di agosto a Nashville, dove Matteo era andato per la sua seconda grande passione, dopo l'ambientalismo: seguire il tour 2022 del gruppo rock statunitense Blondie, di cui era fan. Ogni giorno postava nella sua bacheca di Facebook le immagini dei concerti, iniziati a partire da New York. In uno dei commenti gli scrissi: ormai sei diventato un americano, buona vacanza! Mi rispose: si, a me gli Stati Uniti piacciono. Un saluto! Anche avevamo puntualizzato la contrarietà degli ambientalisti monzesi verso i concerti tenuti nel prato stabile della Gerascia. Le sue foto erano la prova che non si è tout court contro i concerti, solo che questi vanno fatti negli spazi appropriati, evitando si distruggere un prato pregiato. Nella tappa di Nashville, pur di non utilizzare un'auto, ha percorso 15 chilometri a piedi, nella notte, dal salone del concerto all'albergo in cui era alloggiato, per lui era una bazzecola, ma esponendosi così al rischio, poi materializzatosi, di farsi investire da un Suv a poche centinaia di metri dalla meta. E' impossibile non pensarci, né tanto meno fargliene minimamente una colpa, esattamente come per Ignacio che affrontò il toro a las cinco en punto de la tarde. Lui era così. Ci vorrebbe un Federico o un poeta al suo pari, in grado di scrivere una variante adatta a Lamento per Ignacio Sànchez Mejìas.

 

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Margherita Brambilla

 

Il Comitato per il Parco

 

All'inaugurazione sono intervenuti il Sindaco di Agrate, Simone Sironi e l'Assessora all'ambiente Margherita Brambilla, a testimoniare quanto l'amministrazione agratese abbia a cuore la Vasca Volano, così come anche chi contribuisce a mantenerla e renderla viva e fruibile. Matteo era molto stimato da loro e per questo hanno accolto immediatamente la proposta di dedicargli il bosco.

 

L'intervento commemorativo di Bianca Montrasio, meglio nota agli amici con il nomignolo di Biki, ne ha riportato la sua lunga storia di attivista ambientalista. La conosco da cinquanta anni, da quando aderii al Movimento Studentesco di Monza, di cui lei era un'esponente di spicco. Negli anni '90 ha ripreso il testimone da due figure importanti e ispiratori del Comitato per il Parco: Bruno Di Tommaso e Vito Ciriello, entrambi socialisti e immigrati a Monza: uno proveniente da Trieste e l'altro dalla Campania. Ci volevano loro per squarciare il velo ipocrita, perché qui nessuno teneva al valore del Parco di Monza. Erano tutti presi dalla speculazione urbanistica, addirittura Monza aveva un piano regolatore che prevedeva una città con 300.000 abitanti, partendo da un piano precedente che ne prevedeva 500.000. Poi, i tecnici comunali hanno dovuto cancellare milioni di metri cubi, per riscrivere un piano meno aleatorio e più realista, con 120.000 abitanti.

 

Nel corso di due decenni è stato urbanizzato tutto lo spazio agricolo, creando quartieri residenziali, alcuni meta ambita degli abitanti della classe media di Milano, in particolare quelli di lusso a ridosso del Parco. L'unica “pecora nera” dell'allegra combriccola fu il capogruppo del Partito Comunista, Vladimiro Ferrari che invece aveva capito la logica perversa della speculazione edilizia, laddove il Parco era utile solo per la ricaduta al rialzo del valore immobiliare. Tutte persone che ho avuto il piacere di conoscere.

 

Così, mentre una parte consistente dei possidenti si sono arricchiti, a spese del Parco, solo una manciata di persone ha posto il problema di fondo, ovvero evitare il soffocamento dell'unica area verde naturale rimasta a Monza. Biki ha ricordato il Matteo da giovane, quando aderì con entusiasmo al Comitato per il Parco, poi diventato Comitato Antonio Cederna, in omaggio al giornalista monzese da poco scomparso nel 1996. A quei tempi non lo conoscevo, se non di vista, perché la sua terza grande passione era giocare a calcio nel campo del Polo. Si trattava di uno sport, da veri sportivi del calcio, in cui si svolgevano partite informali tra chi era presente in quel momento. Era sufficiente formare due porte e se c'erano poche presenze, anche solo una, mettendo semplicemente due indumenti a distanza misurata di sette passi. Si formavano due squadre con una conta e via. Non c'era agonismo, non era necessario vincere qualcosa: era un'attività fisica, pura, relazionale.

 

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Intervento di Bianca Montrasio - Foto di Pino Timpani

 

Prima di allora lo stesso gioco con identiche modalità si svolgeva nello spazio dell'attuale parcheggio, all'entrata centrale di Viale Brianza. Fino al 1975 ho partecipato. Era abbastanza comodo, quando abitavo in San Biagio, ci si poteva arrivare in bici in poco tempo, facevo generalmente il difensore. Poi, una volta adibito a parcheggio, i giocatori si sono spostati nel pratone del Polo, gioco di nobili andato in disuso, per mancamento di nobili.. Nel frattempo ero diventato pigro e non ho più praticato questo sport, gratuito e salutare. Preferivo restare sdraiato in Villa Reale o al massimo guardare dalla Cascina del Sole la nuova generazione di giovani giocatori divertirsi e sudare. Alcuni li conoscevo bene, erano lavoratori agricoli del parco.

 

In particolare Biki ha ricordato l'episodio, degli anni '90, di contestazione al taglio di alberi secolari per dar posto a una variante della curva Ascari, una parte del circuito dell'autodromo nazionale che precedentemente aveva di fatto cancellato l'eccellenza del Parco Reale: il Bosco Bello e l'area contigua del Serraglio, dove venivano allevati e rilasciati i cervi che servivano alla caccia, quando il Parco era di proprietà della nobiltà asburgica. Matteo fu tra quelli che si incatenò agli alberi, nel tentativo di non farli tagliare.

Ora, altri alberi possono crescere in suo onore, alla Vasca Volano.

 

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Le amiche e gli amici di Matteo, piantano uno degli alberi - Foto di Pino Timpani 

 

L'idea di dedicare un bosco a Matteo Barattieri è nata in un gruppo di amici, poi maturata nella proposta fatta al Comune di Agrate che ha concesso il patrocinio e il luogo in cui piantumare gli alberi. I volontari dell'Oasi Volano, hanno accolto favorevolmente l'iniziativa e collaborato, insieme agli altri volontari e alle volontarie intervenute nella settimana precedente l'inaugurazione, all'organizzazione dell'evento.

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.