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icordo con immensa felicità il periodo della mia infanzia: nata a Monza nel 1989, ho vissuto il decennio degli anni ‘90 in Via Antonietti. Abitavo al secondo piano di fronte all’Amedeus, locale alla moda di allora che proponeva  serate mondane fino alle quattro del mattino, ideali per il vicinato che doveva alzarsi presto, dopo aver dormito in compagnia del disturbo festaiolo. 

Quando si è bambini ci si adegua e si vive con serenità e gioia. Più avanti, nel ricordare quei momenti, sorge una dolce malinconia, un background che accompagna poi la vita adulta. A quei tempi passavo i miei pomeriggi nei cortili\cantieri dei palazzi popolari in ristrutturazione. Nei tre grandi spazi c’era aria di libertà e propagava su noi bambini spensieratezza: ci faceva sentire i padroni dei cortili.

 

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La mia migliore amica di quegli anni abitava nel terzo cortile. Andavo a trovarla tutti i giorni in sella alla mia bicicletta rosa, la brumbrum. Il portapacchi della bici conteneva sempre chiodi e altri attrezzi da cantiere che adoravo raccogliere. Erano questi i nostri giochi preferiti: raccogliere cose in giro e poi costruire giochi fai da te.

Giocare a nascondino tra i palazzi era un'altro piacevole gioco. Ricordo la conta, era il momento più emozionante della giocata, infatti avevo timore di essere scelta per contare perché trovare bambini infrattati in un grande cortile era un’impresa da record. Altra nostra occupazione di ripiego ludico era infastidire le vecchiette. Non lo facevamo di proposito o con cattiveria: era un modo per passare il tempo, un diversivo innescato dal fatto che la maggior parte di esse abitava nei  piani terra e quindi il loro marognare si trovava a interferire nei nostri spazi di gioco.

Quando ci stancavamo dei nostri cortili andavamo nei giardini dei palazzi di fianco al negozio Sala di vestiti da sposa in via Rota. Ovviamente entravamo furtivamente. Qui giocavamo a palla senza il rischio di sbucciarci le gambe nel cemento o nella ghiaia oppure colpire con il pallone le macchine parcheggiate. Ma c'era sempre una signora che si accorgeva della nostra estranea e indesiderata presenza e ci faceva andar via senza tanti complimenti.

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Recuperavo però il piacere di giocare in un prato la domenica nei giardini della Villa Reale. I miei genitori mi ci hanno ininterrottamente portata da neonata fino all’età di dieci anni. Della Villa conoscevo ogni angolo: i prati e gli alberi, sotto il Salice dove ho giocato innumerevoli pomeriggi, il Ginko Biloba, le Sequoie, le Querce e l’accogliente Cedro del Libano davanti alla torretta e poi le sponde del laghetto e del ruscello, in cui una volta ho fatto un bagnetto accidentale, che strizza!

A proposito di prati, non sono stata fortunata a scuola: andavo alla Raiberti e lì di erba ce n’era veramente poca. Il cortile della scuola era un grande lastricato. Ora che frequento l'Ominicompresnsivo di Vimercate ho capito che la scuola fornisce solo una parte minimale delle conoscenze assimilabili nella vita. In Via Raiberti ogni tanto ci ripasso perché frequento saltuariamente il locale Tridente, incredibile, situato proprio di fonte alla mia vecchia scuola elementare.

 

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

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