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Accarezza l’amuleto, chiude gli occhi, si volta sul fianco, si rigira, gli prude il naso, cerca il fazzoletto ma la pezzuola non c’è, rivolta i cuscini, li sprimaccia, nessuna traccia del fazzoletto.

Lorenzo Triboli è il rappresentante della Acqua Gas – Pompe Idrauliche ed è insospettato cultore di libri che, ogni notte, postilla con la matita finché gli si chiudono gli occhi e si aprono le porte dei sogni. Sogna Annabella Puntaccesi, sposata Vitello. Lei, in mantello gabardina, quando riesce con qualche sotterfugio si reca a Piacentia con la ferrovia, quel tanto che basta per sporgersi dal finestrino del treno e incendiare con gli occhi colui che sta rigido, sotto la pensilina della stazione e pare ostinatamente aspettarla. Invece si salutano con un finto bacio che frulla nell’aria come una foglia che a metà ottobre si lascia cadere senza rimorsi per l’estate trascorsa. Mentre il treno riparte Annabella fa un segno con le dita intrecciando i pollici e gli indici ad anello per dire che mai  si slacceranno. L’uomo sospira. La donna sul treno vorrebbe fermare il convoglio. Ma il capotreno tira diritto verso Casalpusterlengo. Lorenzo Triboli alloggia alla pensione Aurora in economico soppalco condiviso con una famiglia di topi baffuti. Con loro c’è una talpa in mansione di zia.  Quando Lorenzo Triboli si corica, stringe nella mano il bottone di madreperla che l’amata ha scucito dalla sua blusa di organdis. Accarezza l’amuleto, chiude gli occhi, si volta sul fianco, si rigira, gli prude il naso, cerca il fazzoletto ma la pezzuola non c’è, rivolta i cuscini, li sprimaccia, nessuna traccia del fazzoletto. Si alza, guarda sotto il letto: il fazzoletto è là, ficcato nella pantofola, eccetera, eccetera … ritorna a letto, bacia il bottone di Annabella, richiude gli occhi, si riaddormenta e finalmente sogna che loro due sono intimamente a Venezia, in gondola sul Canal Grande e quando passano sotto il ponte della Giudecca si abbracciano. Si accarezzano e piangono. O piove? Piove a Piacentia, scroscia sul tetto della pensione Aurora. Inoltre tuona. Il Triboli salta dal letto, tasta l’abatjour: non si accende. Tuona di più. Perché l’abatjour non si accende? Mah! C’è buio d’inchiostro. Il Triboli cerca la sedia. Non la trova. Il letto? Non c’è più. Che fare? Un fulmine erompe! La pensione Aurora è incandescente. Un altro fulmine vaticina la fine del mondo. Si spalanca la porta della stanza. Tutti i clienti della pensione sono lì, in camicia da notte, in ciabatte, smunti, i capelli ritti. Lorenzo Triboli, esperto di pompe idrauliche è il solo che potrebbe aiutare. Se no chi altri? Non certo il rappresentante dei maiali “Faraone”, o quello dei mangimi “Fecola”, o delle macchine da cucire “Singer” che cuciono anche alla rovescia, dei cavatappi, degli schiaccianoci, delle calamite, dei chiodi che inchiodano i coperchi delle bare con tanto garbo che i morti non sapranno mai di essere defunti. Per fortuna c’è Italo Balbo, in viaggio verso Roma per l’adunata al ministero della Guerra onde decidere se invadere prima l’Albania o prima la Persia. Il gerarca, con il medagliere sopra la camicia da notte, è stato in Africa, a Giarabub e l’ha scampata bella. E’ stato anche sull’incrociatore Giulio Cesare, affondato nel mare Egeo, e l’ha scampata anche là. Certo, gli manca un braccio, il destro: battaglia di Canne, con elefanti sbalorditi da tanto clangore di spade. In ogni modo il gerarca può levare il sinistro e comandare a tutti di inginocchiarsi e pregare: “E’ l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende.” Che razza di sogno! Lorenzo Triboli si sveglia. Della tempesta nessuna traccia. Che quiete in quella notte degli idi di marzo. Si sente un cane abbaiare, ma lontano, lontanissimo. Lorenzo  ascolta, percepisce il pianeta Terra che si arrotola su sé stesso, come un serpente a sonagli. L’uomo socchiude la finestra: “Angelo di Dio che sei il mio custode!” Non si è mai vista una notte così vasta. Verso le colline un sottilissimo lucore preannuncia il mattino. Lorenzo spalanca la finestra, mentre la rugiada gli bagna gli occhi, come se stesse piangendo. In fondo all’arco delle colline si è acceso un lumino, roba da niente, come un fiammifero strofinato per accendere il gas e far bollire un goccio di caffè nel fondo di una notte d’inverno. Annabella  abita laggiù in una signorile maison vigilata da un cane molosso, caso mai qualcuno volesse portarla via. Il marito tiene il fucile da caccia sotto il letto, caso mai qualcun altro volesse rubargli l’argenteria. Ecco si è acceso un altro lumino. Così presto? Così presto perché i figli, la giovinetta Sabina e il ragazzino Curiazo oggi andranno in gita con la scuola. Dove? A Venezia. Lorenzo Triboli chiude le imposte, chiude i vetri e sui vetri posa la fronte. Che freddo! E’ l’alba. L’aria è nebbiosa, gli alberi sono dolcemente inclinati come deposte maestà. Beati loro che si specchiano nel Canal Grande. Nel Canal Grande scorrono acqua e polvere d’oro. I pesci guizzano d’argento. Che cosa vuoi di più Lorenzo Triboli? Vuoi buttarti dalla finestra?

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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