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Dossier razzismo. La lettura del fenomeno migratorio nei numeri e provando a suggerire un lessico più aderente alla realtà.


Partiamo dalle basi:

  • se pensi di essere meglio di un altro solo perché l’altro ha un colore della pelle diversa dalla tua, sei un razzista.
  • se invece temi lo straniero, chiunque esso sia e qualunque provenienza e gradazione epidermico-cromatica abbia, allora sei xenofobo.

A occhio, in Italia sembra che la questione sia più di quest’ultima fattispecie, non ravvisandosi una particolare differenza nel diffidare di bianchi rumeni o neri senegalesi. Medesima questione pare porsi in Gran Bretagna, Francia o Germania con gli stranieri: importa poco il colore, importa che non siano connazionali.

Poste le basi, i numeri.

Quanti sono gli stranieri in Italia? I dati sono pubblici e molto aggiornati: basta andare su demo.istat.it e cliccare sul pannello relativo alla popolazione straniera residente. Al 01/01/2017, la fotografia è questa:

  • 5.047.028 cittadini stranieri residenti in Italia, ossia coloro che sono iscritti alle varie anagrafi comunali con una cittadinanza diversa da quella italiana; nel numero non sono ricompresi né gli irregolari, né gli stranieri non residenti (in possesso di permesso di soggiorno ma non iscritti all’anagrafe comunale). Si stima, perché un calcolo preciso è impossibile, un totale di 6 milioni di persone.

Questa la suddivisione percentuale per aree dei residenti:

  • Nord-Ovest (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia), 33,8%
  • Nord-Est (Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli, Emilia Romagna), 24%
  • Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio), 25,7%
  • Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria), 11,8%
  • Isole (Sicilia, Sardegna), 4,7%

In particolare, gli stranieri residenti sono:

  • il 10,6% del totale popolazione del Nord-Ovest
  • il 10,4% del Nord-Est
  • il 10,7% del Centro
  • il 4,2% del Sud
  • il 3,6% del Sud

E in Lombardia? Presto detto. In regione risiedono 1.139.463 cittadini stranieri, pari all’11,4% della popolazione totale. Nella provincia di Monza e della Brianza il numero scende a 73.921, l’8,5% complessivo. A Monza si tratta di 15.106 persone, il 12,3% dei 122.955 abitanti. Per fare un paragone, nella provincia di Milano il 13,9% della popolazione è straniero e tale percentuale sale al 18,8% nel comune di Milano.

Tanti o pochi gli stranieri in Italia? In media, nulla di particolare a leggere i numeri europei aggiornati al 01/01/2016:

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Veniamo ora alla questione “migranti”. Immagino che tutti gli emigrati alla lettura (e io con voi) alla precisa domanda “Quando sei arrivato qui?”, abbiano risposto: “Sono MIGRATO nel xxx”, vero? Ah no? Non è così? Voi non MIGRATE ma EMIGRATE ed IMMIGRATE? Vuol dire che siete persone. Ossia vi trasferite da un posto all’altro per cercare una stabilità tale da permettervi di costruire un progetto di vita. Non a caso, il genere Homo, se trova le condizioni idonee, è stanziale per natura. A migrare sono le rondini, gli gnu nella savana e altri animali. E starei ben attento a paragonare persone ad animali, negandone la natura e, se la digressione marxiana è consentita, la condizione socio-economica attraverso l’uso della parola “migranti”.

Terminata la premessa semantica, isoliamo il concetto del diritto di asilo. L’articolo 10 della nostra Costituzione così si esprime: Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

I richiedenti asilo nel 2016 si sono così suddivisi per nazionalità di provenienza:

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L’esito delle domande di asilo esaminate è la seguente nella sua stratificazione storica:

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Se le autorità italiane non ravvisano gli estremi di tutela nel 61% dei casi, vuol dire che si è in presenza di persone che in larghissima parte emigrano per motivi economici. Da notare che nell’85% dei casi si tratta di uomini, non di nuclei familiari. Inoltre le evidenze storiche insegnano che il rifugiato tende a prediligere stati vicini a quello di provenienza, così da poter far ritorno in patria quando le condizioni lo consentono di nuovo (proprio perché non “migra”). Nessuna delle nazioni sopra elencate è prossima all’Italia.

In un quadro più ampio, meno del 6% dei richiedenti si vede riconosciuto lo status di rifugiato (che ha durata quinquennale, rinnovabile), un buon 33% ha invece accesso ad altre forme di tutela. Nello specifico:

  • protezione sussidiaria (durata quinquennale, rinnovabile), riconosciuta a chi dimostri il rischio di subire un danno grave se tornasse nel suo paese di origine (es. tortura, pena di morte)
  • protezione umanitaria (durata variabile per un massimo di due anni, rinnovabili), riconosciuta a chi non ha i requisiti né per l’asilo né per la protezione sussidiaria ma sussistono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali dello Stato italiano (es. perdita di cure mediche garantite in Italia)

Dando una occhiata ai documenti ufficiali della Guardia Costiera italiana, risalta inoltre qualcosa di molto atipico nei salvataggi in mare. La mappatura dei punti di intercetto dei “migranti” da parte delle unità soccorritrici ha avuto la seguente evoluzione storica:

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Emergono delle considerazioni:

  • Nel tempo, i salvataggi sono avvenuti sempre più vicino alle acque territoriali libiche; su 244 miglia nautiche di distanza tra Pozzallo (Sicilia) e Tripoli (Libia), i soccorsi avvengono nel 2016 quasi sempre a meno di 20 miglia dalla costa africana.
  • È pertanto non geograficamente corretto parlare di salvataggi nel “Canale di Sicilia”, a meno di ritenere che il “Canale di Sicilia” occupi gran parte del Mediterraneo centrale.
  • Il concetto di “salvataggio” può essere applicato se, su 244 miglia di percorso, si aspettano i malcapitati sul primo 5-10% di tragitto e tra l’altro in oggettivo coordinamento tra mezzi di soccorso stanziali (chi soccorre quale imbarcazione e con contatti via radio e telefono satellitare)? Sicuramente il criterio di accidentalità viene meno se il “salvataggio” avviene ad opera di imbarcazioni che navigano allo scopo esclusivo e dichiarato di andare a raccogliere chi si mette in mare in condizioni tali da finire necessariamente in pericolo per essere “salvato”. Infatti indaga la magistratura sul punto.
  • Se, come da convenzioni internazionali e dichiarazioni ufficiali dell’ammiraglio Vincenzo Melone della Guardia Costiera italiana nel corso dell’audizione alla Commissione Difesa il 4 maggio 2017 («La regola 3.1.9 della Convenzione di Amburgo sul SAR [Search And Rescue] prevede che i sopravvissuti cui è stato prestato soccorso vengano sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in un luogo sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle direttive elaborate dalla Organizzazione Marittima Internazionale», minuto 38:40), bisogna sbarcare i bisognosi in un porto sicuro e ammesso che la Tunisia non abbia questi requisiti, possibile che non li abbia nemmeno Malta che è parte dell’Unione Europea? Ovviamente Malta i requisiti li ha tutti ma non c’è un accordo bilaterale di collaborazione con l’Italia e, poiché il coordinamento dell’intervento di pattugliamento è italiano, Malta, come dire?, se ne impipa.

Chiusura su un tema legato alla integrazione degli stranieri. In Italia lo ius soli esiste già. Avete letto bene, non è un refuso. Già oggi, chi è nato in Italia da genitori stranieri e vi è rimasto per un periodo continuativo può richiedere la cittadinanza italiana. L’articolo 4 della legge 91 del 05/02/1992 così stabilisce: Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età', diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data. Sicuramente si tratta di uno ius soli molto temperato, ma ius soli è: sei nato nel territorio italiano, ci sei rimasto in condizioni di legalità, sei diventato maggiorenne e, se vuoi, la cittadinanza la richiedi tu stesso, se la desideri. Il disegno di legge in discussione in Parlamento tratta in verità di un’estensione della già vigente disciplina dello ius soli tramite uno "ius culturae" che ricomprende i minori non nati in Italia.

Forse utilizzare le giuste parole per descrivere i fenomeni in corso aiuterebbe a discernere meglio e in minor tempo tra chi ha effettivo bisogno e chi no, tra chi è meritevole di tutela e chi no. E, forse, aiuterebbe a togliere argomenti a chi non aspetta che la confusione e l’ignoranza per dar fiato alla propria idiota xenofobia. Forse. 

 

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Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

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