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 In Italia e in Europa c’è un grande bisogno di sinistra. Urge ricostruirla.

Sotto il cielo della politica regna una grande confusione. Abbiamo un presidente del consiglio dei ministri inesistente, schiacciato tra due vice (lo sbruffone e il damerino) che sembrano fatti apposta per farlo apparire tale, formalmente amici ma divisi quasi su tutto. Un tempo qualcuno avrebbe potuto fregarsi le mani. Oggi assolutamente no. Perché l’opposizione latita, non si vede e sopratutto non si sente. I sondaggi sono impietosi. La sinistra addirittura è pressoché scomparsa. “E’ salita sull’Acropoli“ dice Massimo Cacciari e precisa che sull’Acropoli “si è adattata“. Eppure alle porte  c’è una consultazione elettorale che potrebbe decretare il più ampio schieramento di destra dalla fine della seconda guerra mondiale. “Non c ‘è un momento da perdere“, si legge nell’appello del gruppo di intellettuali  capeggiato dal filosofo veneziano.

Quel che è certo è che in Italia e in Europa c’è un grande bisogno di sinistra. Urge ricostruirla.

Diamo uno sguardo nel giardino di casa.  Il Pd è in costante difficoltà, ha un segretario reggente, Maurizio Martina, che si da anche da fare ma con scarsi risultati, è stato fischiato ai funerali delle vittime del crollo del ponte di Genova, ma soprattutto si muove in un clima di totale sfiducia. Il renzismo non è morto, sopravvive nel suo ideatore e in quel ristrettissimo cerchio, tutt’altro che magico, che tarda a sciogliersi.

Walter Veltroni, un ex segretario, ha rotto il silenzio. Ha scritto per La Repubblica un articolo, lungo ed appassionato, nel quale invoca una nuova sinistra e in proposito dà anche qualche suggerimento per evitare il crollo della vita democratica e della costruzione europea. Un atto di amore per la propria comunità e per il proprio Paese, lui stesso lo ha così definito, e ha opportunamente invitato “a non strologare sulle ragioni” che lo hanno ispirato. Ma il suo intervento un limite ce l’ha.

Giusto pensare al futuro e al sogno ma che facciamo del passato e della realtà? Non possiamo fare finta di niente, qualche spiegazione non superficiale bisogna pur darla, tanto più da chi ha avuto responsabilità  in una parte importante della sinistra, rappresentata prima dal Pci, poi dal Pds e infine nel Ds. A darla sono chiamati   anche altri : pensiamo a D’Alema, Occhetto, Bersani, allo stesso Prodi, al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, e poi Bertinotti e i rappresentanti dei vari cespugli nati attorno a lui. Una   spiegazione deve venire anche dal mondo socialista che è sopravvissuto a Bettino Craxi e da quello cattolico che nel Pd hanno avuto parti rilevanti. In pratica sono loro, i protagonisti della politica del passato, che devono spiegare perché ci siamo ridotti a questo punto.

Spiegazioni, le autocritiche non ci interessano. Qualcosa dobbiamo pure avere sbagliato se oggi  la destra appare tanto forte. Noi siamo figli  di grandi parole d’ordine: via italiana al socialismo e compromesso storico, tanto per ricordarne due. Ma ad un certo punto abbiamo perso la testa. Abbiamo sciolto il Pci convinti di costruire in questo modo, chissà quali novità. E ci ritroviamo a dover  constatare che la sinistra è pressoché scomparsa. O se l’affermazione vi sembra troppo dura, drasticamente ridimensionata.  Evidentemente c’è qualcosa che non ha funzionato. Vogliamo parlarne? Ma non c’è tempo. Giusto. Ma non dimentichiamocene. Come spesso abbiamo fatto in passato.

La sinistra ha bisogno di nuovi insiemi per arginare la barbarie, dice il nostro direttore. E ha ragione. Così come ha ragione quando afferma che non basta dichiararsi anti (antifascisti, antirazzisti e antisessisti), bisogna fare, costruire, inventare del nuovo. E’ questa la parte più difficile della rinascita. Ma un occhio bisogna pur tenerlo sul nostro passato, potrebbe insegnarci qualcosa.

No, non sono un nostalgico, subito dopo la Bolognina lo sono stato ma ora mi sforzo di non esserlo. Ce la sto mettendo tutta e forse, data la mia età, sarà per l’ultima volta. Come ci definivamo un tempo? Lo ha detto in maniera stupenda Giorgio Gaber in una delle sue intelligenti ballate. “Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri”. Potrebbe essere il biglietto di ingresso nella sinistra che vorrei.

 

La foto di apertura è di Medea Cornacchia