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Un'importante battaglia vinta da Bernie Sanders nella guerra contro le corporation multimiliardarie  ha portato Jeff Bezos a concedere ai  lavoratori di Amazon Usa la paga minima di 15 dollari all'ora. Primo effetto della proposta di legge "Stop Bezos", presentata dal senatore per imporre alle ricche imprese di pagare le tasse equivalenti alle spese pubbliche sostenute per i sussidi dei dipendenti con salari al di sotto della soglia di sopravvivenza. 

Che Bernie Sanders abbia fatto una gran quantità di battaglie per sostenere i diritti dei lavoratori ad avere un salario almeno degno di una dignitosa sopravvivenza non è una novità. In giugno abbiamo seguito la sua trasferta ad Anaheim, California, per sostenere i lavoratori della Disney (Bernie Sanders 2018: la Walt Disney e la "flat tax"), ed ora possiamo affermare che il suo contributo alla lotta è adato a buon fine, poiché i dipendenti sottopagati hanno finalmente avuto l'aumento salariale per il quale hanno dovuto sudare lacrime e sangue.

In agosto  però  Bernie Sanders ha alzato il tiro puntando direttamente al numero uno della imprenditoria americana. In un’escalation di interventi culminanti con la presentazione di una legge di proposito chiamata con parole che formano l'acronimo Bezos, Bernie ha dato il via alla guerra contro Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon, l’uomo più ricco d’America che in 10 secondi guadagna più di quanto il lavoratore medio della sua impresa percepisca in un anno intero. 

Facendo riferimento ad una ricerca condotta da Time Magazine tra il 1° gennaio e il 1° maggio 2018, Jeff Bezos ha incrementato la sua ricchezza di 275 milioni di dollari al giorno per un totale di 33 miliardi nei quattro mesi presi in considerazione, laddove molti dei suoi dipendenti devono contare su aiuti pubblici per il cibo, per la casa, per la sanità, poiché le loro paghe sono insufficienti a provvedere anche al minimo indispensabile per vivere. 

 

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Jeff Bezos, fondatore e Ceo di Amazon. Questa foto e le altre di questo articolo sono tratte dalla pagina Facebook di Bernie Sanders

Al di là del fatto di non capire come “qualcuno possa avere centinaia di miliardi di dollari e sentire il disperato bisogno di averne ancor di più”, e di considerare pazzesco oltre che perverso che gente così inverosimilmente ricca “sia disposta a calpestare i lavoratori, molti con famiglie e bambini piccoli, pur di guadagnare sempre di più”, Sanders ancora una volta sottolineava  come il caso Bezos non sia circoscritto ad un solo uomo, ma riveli il vergognoso fallimento dell’intero sistema americano.

Un sistema in cui le grandi corporation hanno oltretutto beneficiato di un ulteriore privilegio grazie ai tagli delle tasse concessi da Trump
Stando ai dati ufficiali, Amazon ha avuto un profitto di 5.6 miliardi di dollari, senza dover pagare un solo penny di tasse federali e con l’aumento di un miliardo grazie alla misura trumpiana.

Tra l’altro Sanders ha anche tenuto a precisare come Bezos, che ha intenzione di aprire un nuovo quartier generale oltre a quello di Seattle, stia contrattando con le varie amministrazioni delle città interessate ad accaparrarsi l'ambito bottino. Patti per lo più segreti hanno l'obiettivo di  spuntare i maggiori sgravi fiscali possibili  mettendo in competizione proprio sulla questione tasse le varie città.  

 

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Un grafico che mostra la distribuzione dei benefici dei tagli fiscali di Trump. 

 L'abilissima mossa messa in atto questa volta da Bernie Sanders  consiste nel fatto che il senatore non  si è limitato a condannare moralmente il sistema, a fare appello alla sensibilità altrui e a partecipare direttamente alle lotte  dei lavoratori intervenendo di persona nelle loro manifestazioni. Questa volta nella sua operazione divulgativa di come funziona il sistema Bernie è andato a toccare direttamente  il portafogli  di coloro che, pur non avendo problemi di sopravvivenza, devono in sostanza finanziare con le loro tasse tutte quelle spese sociali cui i lavoratori di Amazon e delle altre big companies devono ricorrere per vivere.

«Indovinate chi paga quelle spese? Voi. Francamente  non credo proprio che l’americano medio dovrebbe finanziare la persona più ricca del mondo perché paga i suoi lavoratori con salari inadeguate.» 

Il passo successivo di Bernie è stato la presentazione della legge “Stop Bezos”, in cui Bezos è l’acronimo di Bad Employees by Zeroing Out Subsidies. In sostanza la legge prevede che gli imprenditori i cui  lavoratori sono costretti a contare su sussidi pubblici, perché insufficientemente pagati, debbano provvedere di tasca propria a quei sussidi. 

Secondo le parole stesse di Sanders la proposta di legge ha lo scopo di «porre fine al corporate welfare stabilendo una tassa del 100% alle corporation con 500 o più dipendenti pari all’ammontare dei benefici ricevuti dai loro lavoratori sottopagati. Così se per esempio un lavoratore Amazon riceve 1.000 dollari in buoni cibo, Amazon verrà tassata di 1.000 dollari per coprire quel costo. Questa legge offre una scelta ai grandi imprenditori con ricchi  profitti: o pagano i loro lavoratori con un salario che permetta loro di vivere senza assistenza, o pagano l’assistenza pubblica di cui hanno bisogno per vivere. E’ una questione di buon senso.» 

In quanto uomo più ricco d’America Jeff Bezos è stato il capofila dei presi di mira, ma non è il solo che Bernie ha attaccato. Subito dopo è stato il turno della famiglia più ricca d’America, gli Walton, proprietari della catena di supermercati Walmart, e poi Mc Donalds come simbolo di tutte le compagnie di ristorazione fast food, per non contare le industrie farmaceutiche, quelle delle linee aeree e tutte quelle che, in collusione diretta con la politica che esse stesse finanziano con ricchissime donazioni,  hanno trasformato la democrazia degli Stati Uniti in una oligarchia. 

« I ricchi diventano sempre più ricchi e usano il loro denaro per comprare le elezioni - proprio di recente è stato annunciato che Jeff Bezos ha fatto una donazione di 10 milioni di dollari a un Super PAC che sta finanziando pubblicità a sostegno un candidato che “lavorerà con il presidente Trump per mantenere i valori conservatori della Florida”.  Per il resto di noi  che non abbiamo i soldi necessari per comprare le leggi, vige la legge del più forte. Questa non è democrazia. E’ oligarchia. Ed è ora di lottare insieme per porle un termine. »

Che sia dovuto o meno al terrore delle alte sfere economiche che la legge proposta da Sanders possa passare, sta di fatto che ieri, 2 ottobre 2018, Jeff Bezos si è fatto sentire, annunciando un provvedimento che è  stato accolto dai lavoratori di Amazon con manifestazioni di felicità a dir poco commoventi.  
A partire dal primo di novembre la paga minima oraria dei dipendenti fissi, stagionali e temporanei di Amazon Usa sarà di 15 dollari all’ora. Tutti coloro che già la percepiscono o hanno retribuzioni superiori avranno un proporzionale adeguamento salariale. Bezos ha anche invitato le altre compagnie a seguire il suo esempio. 

Il provvedimento avrà effetto anche sui lavoratori Amazon del Regno Unito.

Le reazioni di Bernie Sanders, unanimemente ritenuto l’artefice di questo provvedimento, tanto che i due si sono twittati,  non si sono fatte attendere.

 «Voglio ringraziare i dipendenti Amazon che hanno lavorato con noi a questa campagna e le più di 100.000 persone che hanno firmato una petizione chiedendo che il signor Bezos facesse esattamente ciò che ha annunciato oggi. Questo è quello che accade quando tutti insieme ci alziamo in piedi e combattiamo per la giustizia.Voglio anche render merito  laddove il merito  è dovuto ed è per questo che applaudo Jeff Bezos per la sua decisione. Non è un segreto che io sono stato un acerrimo critico delle pratiche con cui Amazon e il signor Bezos impiegano e pagano i dipendenti. Oggi lui ha fatto la cosa giusta. E di questa decisione si sentirà presto parlare in tutto il mondo, poiché non vi è ragione alcuna per cui altre compagnie dagli alti profitti non debbano seguire il suo esempio. (…)

Quando parlo della Rivoluzione Politica - le persone  che si alzano in piedi nelle loro comunità e nei loro posti di lavoro e combattono per il cambiamento - intendo esattamente quello che hanno fatto i lavoratori di Amazon e le persone che ovunque li hanno sostenuti per conseguire questa vittoria. (…)

Dopo la notizia di questa mattina sono più che mai convinto che se noi continueremo a combattere insieme gli uni per gli altri  - per la giustizia economica, sociale, razziale e ambientale -  vinceremo.»  

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Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

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