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La settimana scorsa Trump, Biden e Sanders hanno affrontato direttamente l’emergenza sanitaria che sta per travolgere in maniera enorme anche gli Stati Uniti. Sebbene Sanders sia emerso come la figura più “presidenziale”, sarà Biden a godere di tutti i vantaggi mediatici, soprattutto dopo il dibattito di domenica notte, in cui Uncle Joe non ha dato segni di cedimento mentale e Bernie non ha picchiato duro come avrebbe dovuto. 

 

Come influirà l’emergenza del Covid 19 nei due terni al lotto delle primarie democratiche e delle elezioni presidenziali? 

Quanto alle prime, che ancora non sappiamo in quale forma si terranno d’ora in poi o se verranno rimandate, potranno riconferire a Bernie Sanders quel primato che, dopo i risultati dei primi tre stati al voto, sembrava averlo stabilmente avviato verso la nomina presidenziale? Oppure vedremo ulteriormente consolidata la traiettoria vincente di Joe Biden, tracciata non tanto dalla prevista vittoria nel South Carolina, ma  da una mente strategicamente sopraffina come quella di Obama nelle 72 ore precedenti il Supertuesday del 3 marzo scorso?

E ancora, come influiranno i clamorosi errori di Trump nella sottovalutazione del contagio e le sue imbarazzanti  performance, culminate con il discorso tenuto alla nazione nella stanza ovale, dietro la scrivania che ha visto i discorsi di Franklin Delano Roosevelt in alcuni dei momenti più tragici della storia del ventesimo secolo? 

Gli eventi legati al modo di affrontare l’emergenza, resa esplicita negli Usa soltanto all'inizio della settimana scorsa, hanno visto susseguirsi nel giro di pochissimi giorni sia gli interventi ufficiali di tutti e tre protagonisti di questo imprevedibile 2020, sia l'attesissimo dibattito Biden-Sander di domenica notte, aprendo nuovi quesiti su chi gli americani sceglieranno come loro presidente.

Purtroppo quel confronto, tenuto a ridosso delle primarie di martedì 17 marzo (che nel momento in cui scrivo non si sa ancora se i quattro stati al voto, Florida, Ohio, Illinois e Arizona, terranno regolarmente o meno) non ha apparentemente giocato a favore di Bernie per una serie di motivi, tra cui la sua solita debolezza nell’attaccare i contendenti con l’aggressività e la spregiudicatezza con le quali gli altri attaccano lui ed il favoritismo di cui Biden gode presso i media mainstream. 

 

Il discorso di Trump dalla Stanza Ovale

 

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Donald Trump - Foto di Elisabetta Raimondi

 

Cominciamo con qualche cenno su Trump e sul danno che il suo comportamento ha già provocato non solo alla  nazione ma forse anche alla sua stessa rielezione. 

Dopo giorni e giorni di sottovalutazione del pericolo di contagio, martedì 10 marzo Donald Trump si è finalmente deciso a rivolgersi ufficialmente al popolo americano.  Rendendosi forse conto di non poter più procrastinare una sua presa di posizione, dato che già diverse autorità locali avevano preso provvedimenti autonomi e che persino entrambi i suoi antagonisti, Biden e Sanders, avevano annullato di loro iniziativa i rispettivi eventi in Ohio, Trump si è dunque presentato in diretta televisiva per la dichiarazione più importante di tutta la sua presidenza. Eppure, nonostante la gravità dell’emergenza  e l’unicità del compito cui era chiamato, Trump è apparso ancora una volta come quel pupazzo bugiardo e privo di consistenza che è, pronunciando un discorso,  raffazzonato alla bell’e meglio e pieno di vaghezze e di notizie errate,  con il suo solito stile tronfio, superficiale e megalomane.  Se tali caratteristiche finora sono state solo tollerate da una parte dei repubblicani e apprezzate invece dal suo enorme pubblico di fan, adesso, in un contesto in cui la gente è indistintamente preoccupata per la sua salute, il pressappochismo e l’egocentrismo nel rivendicare provvedimenti inesistenti a salvaguardia del popolo americano, potrebbero cominciare a costituire un ostacolo alla sua credibilità, quindi alla sua rieleggibilità.

 

Il recupero di Joe Biden come leader

 

Ben diversi gli interventi ufficiali di mercoledì scorso pronunciati da Joe Biden e Bernie Sanders che, seppur  differenti fra loro, hanno comunque umiliato l’inettitudine di Trump ed hanno fatto apparire i due contendenti  democratici come leader. 

Il fatto è, purtroppo, che per quanto anche quei discorsi abbiano mostrato ancora una volta come l’unico vero leader sia Bernie Sanders, sarà Joe Biden a godere dei privilegi dell'informazione tradizionale che continuerà a fare di lui  l’uomo giusto al momento giusto.

E questo a dispetto del fatto che dal voto dell’Iowa fino a quello del Nevada anche i media televisivi abbiano insistito sulla debacle di Biden, osannando invece l’ultima speranza del momento Pete Buttigieg. Ma i super pagati divi del presunto giornalismo tradizionale americano, così come la maggior parte dei politici, riscrivono continuamente le notizie, sapendoci assuefatti, come in un 1984 orwelliano, a dimenticare velocemente, disposti a credere  più alla televisione che alla nostra memoria. E quindi il recupero di Biden non sembra più nemmeno un recupero, ma una celebrazione costante fin dall’inizio della fase elettorale, come se non ci fossero stati né le varie puntate sui candidati di volta in volta dati per vincenti e poi rivelatisi inadeguati, né i fallimentari tentativi di  presentare Michael Bloomberg come alternativa a Bernie Sanders. 

Il fatto è  che Biden, quasi certamente aiutato da artifici tecnici la cui messa a punto ha rimandato di circa mezz’ora  la sua apparizione, ha poi ha parlato per più di venti minuti  senza incappare in quei soliti segni di cedimento mentale messi più volte in ridicolo dai suoi colleghi concorrenti, soprattutto Julian Castro e Cory Booker. Una decina di giorni fa, dimentichi di aver pesantemente esternato le loro preoccupazioni per l’eventuale nomina di un “demente”, anche loro  si sono aggiunti al novero degli altri doppiogiochisti di eccellenza come Pete Buttigieg e Beto O’Rourke. E come Kamala Harris, colei che più pesantemente di chiunque altri aveva attaccato Biden, accusandolo di quel segregazionismo che lei stessa aveva subito da bambina. 

Gli attacchi a Trump e la “presidenzialità” di Biden

 

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Joe Biden - Foto di Elisabetta Raimondi

 

 Nel suo discorso di mercoledì Biden ha accusato l’amministrazione Trump di gravissime colpe per i tagli all’assistenza sanitaria, come se  lui stesso in tutta la sua carriera non ne fosse stato a sua volta un fautore, e gli ha imputato tutte le responsabilità della mancanza di preparazione rispetto ad un'emergenza come questa, come se, pur con tutti i danni che Trump ha fatto ed aggravato in suoi tre anni e rotti di presidenza,  lui e Obama ne fossero totalmente esenti. La vertità è che se  negli otto anni del governo  Obama-Biden si fosse provveduto a costituire un adeguato sistema di protezione sanitaria, sociale ed economica del paese, Trump non sarebbe stato eletto. Al  posto della coppia Trump-Pence ci sarebbe ora la Clinton-Caine, che gli elettori hanno rifiutato proprio per evitare un ulteriore prolungamento, sebbene sotto altre vesti, dell'amministrazione Obama-Biden. 

Purtroppo però Biden in quella circosatnza è apparso “presidenziale” agli occhi di quel solito pubblico generico che ancora conta così tanto. E’ apparso presidenziale nonostante abbia fin dall’inizio rimandato alla consultazione del suo sito internet e nonostante il suo discorso,  per quanto apprezzabile in alcuni momenti, abbia per lo più fatto appello a soluzioni e provvedimenti vaghi e generici.  

 

Bernie Sanders, il vero leader

 

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Bernie Sanders - Foto di Elisabetta Raimondi

 

Al contrario Bernie Sanders, con grande senso di umanità ma anche di consapevolezza ed autorevolezza, ha snocciolato uno dopo l’altro i provvedimenti concreti da prendere e ha dimostrato come una società così profondamente diseguale come quella statunitense, dove la sanità è privilegio non un diritto, diventi un rischio anche per coloro che ci vivono da privilegiati.  Bernie ha prospettato soluzioni immediatamente attuabili, ha preventivato costi per test e medicine, ha chiesto provvedimenti governativi che sopperiscano  alla mancanza di ospedali, di personale specializzato e di equipaggiamenti medici, logistici e tecnici. E ha fatto riferimento a tutti coloro che devono essere aiutati e per i quali è indispensabile mettere in atto subito dei meccanismi di protezione sia sanitaria sia economica. Non ha dimenticato nessuno, Bernie, dai senzatetto a coloro che vivono di mance, dai vecchi degli ospizi a coloro che si trovano nei centri riabilitativi, dagli immigrati dei centri detentivi alla immensa popolazione carceraria, dai bambini che spesso hanno come unico pasto quello della mensa scolastica ai «milioni  di lavoratori ai quali viene detto di andare a lavorare nonostante possano essere ammalati e dovrebbero quindi stare a casa. Ma queste stesse famiglie andranno incontro alla rovina finanziaria se non vanno a lavorare. Sono lavoratori dell’industria del ristoro, deli trasporti, del turismo, della vendita  al dettaglio, insomma persone che interagiscono col pubblico ogni giorno. »

Se Biden dunque è risultato presidenziale, e non ci voleva molto di fronte alle apparizioni di Trump, Bernie Sanders è apparso in tutta la figura di statista e di vero leader qual è. 

 

Il dibattito Biden-Sanders di domenica 15 marzo

 

Ma non illudiamoci, i media continueranno ad esaltare la presidenzialità di Biden, e ad ignorare quella di Bernie, soprattutto dopo che nel tanto  atteso faccia a faccia di domenica sera, Biden si è dimostrato perfettamente in grado non solo di reggere due ore di confronto, ma di farlo con la lucidità del bugiardo incallito. Nella prima mezz'ora,  affrontando l'emergenza del Coronavirus di petto con asserzioni e promesse altisonanti, Biden ha fatto la parte del leone e Bernie, che non sembrava neanche lui, gliel'ha purtroppo lasciata fare. Ha tirato in ballo anche l'Italia Joe Biden, dicendo che nemmeno in un paese dove esiste un sistema sanitario pubblico si è evitata la catastrofe, e che quindi i casi di emergenza sanitaria non hanno nulla a che fare con quel Medicare for All che Bernie va sostenendo da anni. Era proprio quello il momento per Bernie di rispondere con la stessa veemenza, citando ad esempio come anche i tanti morti che ogni anno il diabete si porta via perché i pazienti non possono permettersi l'insulina siano delle emergenze, o quelle dei malati di cancro, persino di quelli che pur assicurati si vedono negare le cure per gli imbrogli nascosti nei cavilli legali delle assicurazioni, o quelle di coloro che vanno in bancarotta per salvare la vita di un famigliare, o ancora il fatto che dopo l'emergenza del Covid 19 potranno essercene altre e l'unico modo per poter far fronte alle emergenze è quello di creare un sistema di sanità nazionale che copra tutti. Quello sarebbe stato il momento più efficace per attaccare Biden pesantemente, ma Bernie non l'ha fatto.

In seguito Sanders si è ripreso e ha chiamato Biden a rispondere delle tante volte che in aula ha sostenuto la necessità dei tagli all'assistenza sociale e sanitaria. Per tre volte Bernie l'ha sfidato su questo piano e per tre volte Biden ha negato con un no secco, senza che nessuno dei tre conduttori facesse a Biden la benché minima domanda su quelle reiterate negazioni che loro stessi sapevano essere delle bugie colossali. Bernie ha invitato il pubblico and andare su "The Youtube", dove sono visibili infiniti segmenti che mostrano Biden in Congresso a diverse età sostenere la necessità di quei tagli, così come la necessità di un attacco all'Iraq perfino prima di George W. Bush.

Ma Biden, supportato dai manichini del giornalismo di stato, ha avuto la strada libera di fronte a sé di continuare imperterrito mentendo su tanti altri momenti della sua carriera, e l'annuncio che sceglierà una donna come sua vice e che nominerà una donna di colore alla corte suprema, hanno definitivamente fornito all'informazione mainstream gli strumenti per celebrare il suo trionfo  senza la minima ombra. 

Non sappiamo se  Bernie Sanders avrà altre possibilità di confronti pubblici con Biden, che l'establishment del partito dà già per nominato, accusando anzi Bernie di fare il gioco di Trump rifiutandosi di ammettere la sconfitta e unirsi a Biden. Quello che sappiamo è che soltanto Sanders è non solo l’unica alternativa possibile a Trump, ma anche la persona che in questo momento può portare l’America in salvo e che, quando questa crisi sanitaria sarà terminata e si dovrà inevitabilmente  affrontarne una economica, potrà, come fece FDR negli nei 30, risollevare le sorti del paese secondo quei principi di giustizia sociale che va predicando da 50 anni a questa parte. 

 

 

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

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