20220202 Sinema e Manchin emblemi della corruzione di Washington

Punte dell'iceberg della corruzione democratica, Joe Manchin, proprietario di industrie fossili che trattano carbone di pessima qualità, e Kyrsten Sinema, enormemente finanziata da Big Pharma e Camera di Commercio, continuano a trarre ingenti profitti personali contrastando provvedimenti socio-sanitari, diritti di voto, riforma del filibuster e misure contro il cambiamento climatico, tra l'inerzia di Biden e il silenzio dei media mainstream. 

 

Il governo di Joe Biden, presunto  erede di Franklin Delano Roosevelt e Lyndon Johnson quanto a politiche di welfare, ha inaugurato l’anno elettorale 2022 in maniera persino peggiore di come ha condotto e chiuso il 2021.

Dal Rescue Plan per il Coronavirus del marzo 2021, nessuna delle promesse popolari fatte in campagna elettorale è stata mantenuta, a cominciare dallo stralcio proprio da quel piano del salario orario minimo di 15 dollari, passivamente accettato da Joe Biden e Kamala Harris solo perché consigliato da una figura secondaria come la parlamentarian, che i due avrebbero potuto ignorare. Succesivamente presentato da solo in Senato, il provvedimento è stato bocciato con il contributo dell'emblematico pollice verso con inchino di Kyrsten Sinema, senatrice dell'Arizona.

I "No" di Joe Manchin e Kyrsten Sinema

Emblematico, il dicembre scorso, anche l'accorato "No"di Joe Manchin su Fox News  a quel poco che lui e Sinema avevano lasciato in vita del piano sociale e climatico (Build Back Better o Reconcliation Bill), solo affinché venisse approvata "la trappola del piano bipartisan" sulle infrastrutture (Bipartisan Infrastructure Framework), contenente privatizzazioni e concessioni a corporation e industrie fossili. 

“Ho tentato di fare tutto quanto potevo” ha detto Manchin, ma ci sono “l’inflazione” e “il debito pubblico”, fattori che, ininfluenti per l'approvazione dell'astronomico budget militare, sono invece sostanziali nel bocciare le misure per aiutare i milioni di cittadini in difficoltà, compresi quelli del suo West Virginia (il secondo stato più povero degli Stati Uniti) che i sondaggi hanno mostrato essere largamente favorevoli ogni singolo provvedimento contenuto nel Reconciliation Bill.

il 4 gennaio Manchin ha detto “No” anche alla riforma del  filibuster  (regola che impone 60 voti affinché una proposta di legge possa accedere al Senato),  che con una lettera inviata il giorno prima ai suoi colleghi senatori lo Speaker Chuck Schumer aveva "minacciato"di portare in aula. Se nel simbolico giorno del 17 gennaio, Martin Luther King jr. Day, almeno 10 repubblicani non si fossero uniti ai 50 democratici per approvare le leggi sui diritti di voto ripetutamente bocciate proprio dai repubblicani,  Schumer avrebbe fatto uso della sua prerogativa di invocare la nuclear option per forzare la maggioranza semplice sulla riforma del filibuster. Fallito il primo obiettivo e forse sperando per il secondo in un miracolo che all'ultimo momento facesse cambiare idea a Manchin e Sinema, secondo dichiarazioni dei quali qualsiasi modifica non bipartisan del filibuster minerebbe la democrazia americana e la fedeltà di entrambi alla democrazia è un principio irrinunciabile persino al "sofferto"costo di sacrificare i diritti elettorali, il 19 gennaio Schumer ha forzato il voto ottenendo uno scontato 52 a 48  per i "No"

Delle almeno 262 proposte di legge introdotte nel 2021 in 41 stati per "politicizzare, criminalizzare e interferire con le elezioni"  32 sono divenute leggi in 17 stati. 

Incuranti della possibilità di rimediare all'enorme soppressione di voto da anni messa in atto dai repubblicani e che nel solo 2021 ha toccato livelli record, penalizzando come sempre le classi più povere e le minoranze etniche, Manchin e Sinema "in nome della democrazia" sono dunque stati in questa occasione i veri colpevoli del respingimento del Freedom to Vote Act e del John Lewis Voting Rights Advancement Act, che avrebbero anche ripristinato quei diritti contenuti nel Voting Rights Act del 1965 di Lyndon Johnson e abrogati nel 2013 dalla Corte Suprema

Manchin e Sinema emblemi della"putrefazione prodotta dal denaro nella politica americana"

Come da tempo documentato dall'informazione indipedente,  la coppia "Manchinema" rappresenta solo le punta dell'iceberg dei corporate democrats devoti ai propri finanziatori invece che agli elettori. Suffragando le loro affermazioni con diversi rimandi, il novembre scorso Salon pubblicava "Kyrsten Sinema è l'epitome della corruzione politica del 21esimo secolo - ma non l'ha causata" e  un paio di settimane fa Jacobin Magazine titolava "Manchin e Sinema difendono il filibuster perché il filibuster difende il potere delle corporation", 

"I corporate media  si rifiutano di raccontare la storia del denaro dietro al filibuster - anche se chiunque la può vedere alla luce del sole."  (David Sirota e Andrew Perez)

Oltre a mettere in rilievo il il silenzio dei media mainstream, che presentano Manchin e Sinema come centristi "iconoclasti anticonformisti leali ai propri principi" tacendo il fatto che sono invece "pappagalli che ripetono la posizione della Camera [di Commercio] e della rete di bilionari " di cui sono i servitori, entrambi gli articoli sottolineano come i leader democratici non siano da meno continuando "a rifiutarsi di forzare Manchin e Sinema a votare le proposte di legge del partito su sanità, clima e misure anti-povertà,  alle quali i loro donatori si oppongono." 

"Mentre l'evidente corruzione di Sinema e Manchin è fonte di indignazione per tutti i democratici americani (...) essa rivela quanto sia andata in profondità la putrefazione prodotta dal denaro nella politica americana esclusivamente grazie a una Corte Suprema corrotta." (Thom Hartmann)

Ripercorrendo le leggi americane sulla corruzione politica Salon si sofferma sulle nefaste decisioni della Corte Suprema, in particolare sul "colpo" sferrato nel 2010 quando "le corporation vennero equiparate a 'persone', con pieni diritti costituzionali, e quando le enormi donazioni riversate da bilionari e corporation nelle casse delle  campagne elettorali furono tramutate da 'abuso d'ufficio e corruzione politica' in esercizio della 'libertà di parola' protetta dalla costituzione. 

Quanto alla Camera di Commercio, "il più potente gruppo lobbistico di Washington" che "rappresenta le più grosse corporazioni del mondo", essa, afferma Jacobin Magazine, "ha espresso il timore che senza il filibuster gli elettori potrebbero avere il potere di eleggere nuovi legislatori che potrebbeo effettivamente cambiare le politiche pubbliche." Il marzo scorso la Chamber of Commerce ammoniva i legislatori sul suo libro paga a non votare per la riforma del filibuster, se non volevano incorrere in future penalizzazioni. Viene  invece premiato chi sta ai suoi diktat, come documentava Reuters lo scorso aprile sulle ricompense ricevute da Manchin e Sinema  "per essersi opposti alle iniziative di Biden"Nell'ultimo timestre la sola Sinema ha ricevuto più di 1,5 milioni di dollari sempre per aver contrastato a quella che, data l'inerzia di Biden, è ormai davvero difficile considerare l'agenda che il presidente voleva e per la quale l'unico a battersi fino all'ultimo respiro,  anche avendo il coraggio di dire la verità su Manchin e Sinema, è come sempre Bernie Sanders.

Kyrsten Sinema da progressista idealista a "Prada socialist"

La quarantacinquenne Kyrsten Sinema, di cui spesso anche i media italiani parlano sottolineandone l'eccentricità, la aperta bisssualità, l'abbigliamento e le parrucche estrose, la sfoggiata somiglianza con Marylin, nonché la ventata di originalità portata in Congresso,  ha subito una tale trasformazione da diventare l'antitesi de se stessa. 
In un lungo articolo biografico Branko Marcetic ne racconta le tappe. Diventata avvocatessa dopo essere cresciuta in condizioni di severa povertà, si è affacciata alla politica, "incanalando le sue attenzioni per i poveri e gli ultimi nell'attivismo politico. Una giovane Sinema idealista lavorò per la campagna di Ralph Nader con il Green Party nel 2000."  Sostenenva che "accettare denaro in cambio di voti" fosse "corruzione" e lottò"contro il Nafta, la Banca Mondiale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio", oltre che per i diritti della comunità LGBTQ.

Nel suo primo mandato a Washington come  deputata, Sinema ha votato il 77% delle volte a favore della Camera di Commercio tanto da diventare nella corsa del 2014  una dei soli cinque democratici a riceverne l'endorsement.

La svolta drastica avvenne quando, dopo diverse cariche in Arizona, Sinema entrò nel Congresso di Washington nel 2013 come deputata, carica ricoperta per tre mandati prima di essere eletta senatrice nel 2018. Subito unitasi al Problem Solver Caucus legato a No Labels, il potente gruppo finanaziato da Wall Street e costituito da repubblicani e democratici al servizio di corporation e bilionari,  Sinema cominciò a firmare proposte di destra "per 'riformare' la Previdenza Sociale e il Medicare, tagliare tasse e regole alle corporation", deregolare le banche rendendo più difficile la protezione governativa dei piccoli risparmiatori. Il denaro intanto affluiva sempre di più nelle sue casse personali raggiungendo i picchi massimi negli ultimi due anni, soprattutto mentre Sinema affossava l'agenda Biden. Oggi come oggi il suo gradimento in Arizona è all'8%, ma la cosa non sembra preoccuparla. La senatrice, dotata di un ego smisurato e molto orgogliosa della sua super-intelligenza,  avrà comunque ottime prospettive di diventare una lobbista di punta, se non deciderà, come dicono voci trapelate dal suo cerchio magico, di candidarsi per la Casa Bianca nel 2024.  

"Lo sporco impero di Joe Manchin"

Quanto a Joe Manchin, che ha trentun anni più di Sinema, la sua corruzione è ancora più consolidata e allargata all'intera famiglia.

Mentre l'anno scorso il senatore era impegnato a smantellare il Reconcliliation Bill e a dichiarare alla CNN  che "liberarsi del combustibile fossile non ripulirà il clima globale" ma "peggiorerebbe le cose", alcuni giornalisti investigativi indipendenti analizzavano per la prima volta una gran quantità di documenti pubblici sulle compagnie di carbone che Joe e i suoi fratelli fondarono negli anni '80 nei dintorni della loro città natale Ferguson, di cui erano satati sindaci sia il nonno sia il padre.  Le antiche miniere cui pullula la zona sono tra quelle che producono il carbone "più sporco" del West Virginia, come riferisce The Intercept in Manchin’s Dirty Empire.

“Sia riversando decine di migliaia di tonnellate di carbone di scarto di pessima qualità nelle centrali elettriche del West Virginia, sia sottoponendo i lavoratori a condizioni pericolose, l’impresa di carbone della famiglia Manchin ha evitato quasi completamente il controllo pubblico. (…) Da decenni i Manchin traggono profitto da miniere e discariche di carbone citate per dozzine di violazioni delle regole dell'Agenzia per la Sicurezza e la Salute nelle Miniere, numerose morti, scarichi di acque reflue che hanno avvelenato gli affluenti del fiume Monongahela, e centinaia di milioni di tonnellate di ceneri di carbone cancerogene riversate in tutta la contea di Marion.”

Il 10 gennaio 2022 Rolling Stone pubblicava  La corruzione del carbone di Manchin è di gran lunga peggiore di quanto si sapesse, un lungo reportage del giornalista e scrittore ambientalista  Jeff Goodell sul suo ultimo recente viaggio in West Virginia.  

“Unici motivi per cui oggi si brucia ancora il carbone sono l’enorme potere politico e l’inerzia che l’industria [fossile] ha acquisito dal diciannovesimo secolo. In America quel potere e quell’inerzia sono incarnati nel crudele personaggio da cartone animato di Joe Manchin, che paradossalmente in questo momento può avere più controllo sulla traiettoria della crisi climatica di chiunque altri sul pianeta.”

L'attivista Paula Jean Swearengin, figlia di un minatore che nel 2018 aveva corso contro Manchin nelle primarie democratiche, ha raccontato a Goodell che “oggi Manchin comanda effettivamente il Partito Democratico del West Virginia come un boss mafioso, pretendendo fedeltà” e avendo il controllo su tutto. D'altro canto una figura istituzionale come Virginia Canter (consigliera etica presidenziale di Clinton e Obama) ha definito la corruzione di Manchin persino “più offensiva di quella di Donald Trump.‘Con Trump la corruzione era discrezionale - si poteva scegliere di pagare migliaia di dollari per tenere un evento a Mar-a-Lago oppure no. Al contrario, Manchin preleva direttamente i soldi dalle tasche degli abitanti del West Virginia quando pagano le bollette elettriche. Non possono fare altro. È uno dei più  vergognosi conflitti di interessi che abbia mai visto.”

La corruzione della famiglia Manchin non si limita all’industria fossile. E-mail recentemente venute alla luce mostrano la diretta responsabilità della figlia del senatore Heather Manchin Bresh, ex Ceo del colosso farmaceutico Mylan, "nello scandalo dell’aumento dei prezzi dell’Epipen", avendo trattato personalmente "con la diretta competitrice Pfizer per monopolizzare il mercato e tenere alti i costi." L’accordo non solo portò il prezzo di di una confezione da due pastiglie dai 124 dollari del 2009 ai 609 dollari del 2016, ma incrementò di oltre il 600% i compensi di Brash facendo contemporaneamente riversare  ingenti somme di denaro nelle campagne di suo padre. 

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

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