20151127 VILLA E PARCO IMMAGINE

Venaria vuole attrarre un pubblico internazionale, secondo una  strategia illuminata e lungimirante. Monza sembra invece preoccuparsi di quali “eventi” metterci  dentro, in una logica affannosamente ispirata a risultati economici contingenti, spesso  decisi  dai concessionari

Il “Consorzio di valorizzazione culturale la Venaria Reale” è un ente pubblcio nonprofit, costituito secondo  gli art. 112-115 del Codice dei beni Culturali. Lo compongono  Il Ministero  dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, la regione Piemonte, il Comune di Venaria, la Compagnia S. Paolo e la Fondazione 1563 per l’arte e la cultura.  Il nuovo Direttore, Mario Turetta, è un dirigente di lungo corso del Ministero, che ha ricoperto in precedenza e successivamente le funzioni di  Direttore Regionale della Sovrintendenza ai beni culturali e paesaggistici del Piemonte e di quella della Lombardia.
Restaurata partendo da un rudere  e aperta al pubblico nel 2007, la Venaria ha sùbito perseguito e ottenuto l'inserimento tra i beni  patrimonio dell'umanità dell'Unesco. Si è  rapidamente  classificata  tra i  primi cinque siti culturali più visitati in Italia, e secondo una classifica indipendente  è salita al primo posto nel gradimento dei luoghi culturali italiani. Puntando su  questi riconoscimenti e risultati, sta ora perseguendo una strategia di internazionalizzazione.
Il bilancio dell’ente è presentato in  una sintesi classica e semplice da leggere: uno stato patrimoniale (attivo e passivo) e un conto economico (proventi e oneri, ovvero ricavi e costi, o entrate e uscite che dir si voglia).
Com’è ovvio, il primo dato che si va a guardare in un bilancio  è quello del saldo tra ricavi e costi. Nel consuntivo 2014 de la Venaria, i primi ammontano a 14 milioni 321 mila euro, i secondi a 14 milioni 380 euro, con un disavanzo di 59 mila euro.
Un altro dato che attrae l’attenzione quando si tratta di enti pubblici culturali, è la misura in cui sono autosufficienti oppure richiedono un contributo pubblico. È normale che le entrate provengano in parte da risorse pubbliche (la promozione della cultura, fino a prova contraria,  rientra tra i compiti primari delle istituzioni pubbliche!), in parte da chi visita il monumento o ne usufruisce. Ebbene, dal bilancio de la Venaria è facile   rilevare che le “entrate da attività tipiche”, cioè dai biglietti venduti ai visitatori, dai servizi come i bar e i bookshop, da altre attività dell'ente, costituiscono il  54,5% delle entrate totali. La differenza è  coperta dal “fondo consortile”, cioè da contributi pubblici, in un  equilibrio che sembra “aureo”.
Ma un aspetto che mi sembra particolarmente importante è ciò che si legge in un rendiconto   dal titolo “Dati e gestione 2007-2014”:
“La Venaria Reale...è riconosciuta, non solo a livello nazionale, come ‘modello innovativo di gestione di un bene culturale’ ... attraverso

  • l’organizzazione autonoma di mostre, eventi culturali
  • la gestione diretta delle attività commerciali
  • la pianificazione e realizzazione interna delle strategie di comunicazione
  • la cura diretta del sistema dei servizi per il visitatore, tutela e manutenzione generale del complesso”.

Le parole da mettere in particolare evidenza sono gli aggettivi “diretta” e “autonoma”. Significa che il Consorzio svolge i compiti per i quali è stato costituito, soprattutto quelli di carattere strategico e direttivo, senza delegarli a nessuno, come fanno altri enti pubblici.
Occorre dire che, pur in questo contesto positivo, emergono problemi non irrilevanti. Nel corso degli  ultimi anni il numero di visitatori è diminuito. E mentre nei primi anni la gestione era in pareggio, nel 2013 ha presentato un disavanzo di 227 mila euro, disavanzo  che si è registrato anche nel 2014, sia pure in misura ridotta.
Proprio per  contrastare queste tendenze negative il Consorzio sta avviando una politica di internazionalizzazione del monumento, per attrarre non solo visitatori  italiani, come ora, ma anche turisti stranieri.

 

20151127 Venaria

 

Seguendo la traccia del precedente paragrafo, vediamo cosa possiamo trarre dal sito della Villa Reale e Parco di Monza.
Il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza è costituito secondo le stesse norme de la Venaria. Ha come soci il Ministero per i Beni e le Attività culturali e Turismo, la Regione Lombardia, i Comuni di Monza e di Milano, tutti proprietari di parti del complesso Villa-Parco. Ad essi si sono poi aggiunti la Camera di Commercio e la Confindustria di Monza e Brianza. Il Direttore, Lorenzo Lamperti, proviene dalla Regione Lombardia, dove ha ricoperto per breve tempo  l’incarico di Assistente del Segretario Generale dopo aver diretto  il Settore sviluppo servizi culturali del Comune di Milano. Per sua stessa ammissione, al momento della nomina non conosceva nulla della Villa Reale e del Parco di Monza.
La Villa e il Parco di Monza sono stati depredati e lasciati in condizioni di abbandono per un secolo, dopo l’uccisione di Umberto I di Savoia nel luglio del 1900. Tuttavia non erano ridotti allo stato di rudere come nel  caso de la Venaria.

Negli ultimi anni si sono  verificati due importanti interventi  che hanno avviato un restauro del complesso: la LR 40/95, che ha consentito di realizzare, sia pure in parte, un “Piano per la Rinascita del Parco di Monza”,  e il restauro, nei primi anni duemila, del corpo centrale della Villa.
E veniamo alla gestione, come espressa dal bilancio dell’ente. Il quale insiste nell’adottare  il  farraginoso  e sviante “Schema fissato per le Comunità Montane”. Basti, per capire l’assurdità di usarlo per un monumento storico, culturale e paesaggistico come la Villa e il Parco di Monza,  citare il titolo della Sezione 1. “Caratteristiche della popolazione, del territorio, economia insediata”. O, per andare nel ridicolo,  leggere la voce “Risorse culturali” della “Relazione previsionale e programmatica 2014-2016”, dove sono elencate tutte le ville, chiese, musei, biblioteche di Monza, dal Duomo alla fontana delle rane. Tra le  “Particolarità floristiche e faunistiche”,  si trova  “l’area verde della Cascinazza”!
Dalla congerie di dati, spesso incompleti e poco leggibili, distribuiti in nientemeno che 19 file, è possibile tuttavia trovate un link che porta   al conto economico consuntivo dell’ente per il 2014: entrate  3 milioni 682 mila euro, uscite 3 milioni 200 euro. Avanzo di 482 euro (da destinare al monumento, essendo il consorzio un ente non profit).
Ma c’è un dato  che segna la radicale differenza rispetto a la Venaria: la composizione dei proventi. Mentre nel bilancio de la Venaria  le entrate si articolano  sostanzialmente in due categorie: i proventi dalle attività culturali “caratteristiche” dell’ente e i  contributi pubblici, nel caso di Monza entra in gioco una terza categoria: i “Proventi da gestione patrimoniale”, cioè da concessioni. Ben il 66%, due terzi del totale dei ricavi! Nel bilancio del Consorzio Villa e Parco di Monza questi proventi sostituiscono sostanzialmente quelli provenienti dalle attività proprie dell’ente.
Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte  delle funzioni e dell’uso dei beni del Consorzio è trasferita ad altri soggetti. E’ il caso dell’Autodromo, del Golf Club di Milano, e recentemente, ancora e purtroppo,  del corpo centrale della Villa Reale, rilasciata alla gestione totale di  privati per 20 anni. Le rilevanti dimensioni economiche  di  queste concessioni hanno tre riflessi negativi:

  • lo svuotamento  del Consorzio nelle sue  funzioni direttive, che ne costituiscono la ragion d’essere
  • la dipendenza economica dell’ente, in un certo senso simile a una droga, da proventi di cui non può fare a meno e che anzi tende ad aumentare
  • il conflitto delle  finalità dei concessionari con quelle culturali e ambientali proprie del  monumento, sia  perché oggettivamente  divergenti  (Autodromo, Golf, Tennis), sia perché  indirizzate  prioritariamente   a finalità economiche di breve respiro (Villa Reale).

Che fare?  Ovvio: smettere di delegare le funzioni costitutive del Consorzio ad altri, a cominciare dal Parco, dai Giardini Reali e dalle parti della Villa non concesse. E riappropriarsi progressivamente, secondo una strategia di lungo respiro, delle aree in concessione.
Ma per fare questo, il Consorzio dovrà essere messo in mani forti e culturalmente adeguate, che abbiano come obiettivo  il restauro e la manutenzione  del monumento, fine a se stesso e come base per i risultati economici.

Il 13 novembre scorso, nel Belvedere della Villa Reale di Monza,  è stato presentato il Rapporto 2015 “Io sono Cultura” della Fondazione Symbola, che analizza   il grande contributo che le attività culturali danno all’economia del nostro Paese.

Da esso risulta che  un euro investito nel “Patrimonio storico artistico” ne attiva due in altri settori, con un moltiplicatore  molto superiore a quello   delle “Industrie culturali” e delle “Performing arts”.
Per esemplificare, il Colosseo (Patrimonio storico artistico) ha di per sè ricadute economiche  molto superiori a  quelle ottenibili da un suo uso  come contenitore (Industrie culturali e Performing arts). Quindi, investire sul  suo restauro e manutenzione è più importante e pregiudiziale rispetto agli eventi che potrebbe ospitare. Sempre che questi non siano addirittura  dannosi per le sue strutture e per la sua stessa identità.
E’ questo il caso anche dei due monumenti, la Venaria Reale e la Villa Reale e Parco di Monza, su cui mi sono soffermato.
Il Consorzio de la Venaria ha  colto questo dato. L’obiettivo che esso si pone, di attrarre un pubblico internazionale, testimonia una  strategia illuminata e lungimirante.
Il  Consorzio Villa Reale e Parco di Monza sembra invece preoccuparsi,   più  che dell’ulteriore necessario restauro del monumento,  di quali “eventi” metterci  dentro, in una logica affannosamente ispirata a risultati economici contingenti, spesso  decisi  dai concessionari, anche se impropri e devastanti come le gare motociclistiche nell’Autodromo e  i concerti rock sulle delicate aree verdi .
Tutto ciò, nonostante il complesso Villa e Parco di Monza sia potenzialmente molto meglio posizionato a livello internazionale de la Venaria. La funzione originaria di quest’ultima era infatti, come dice il nome, finalizzata alle attività venatorie. Quella che invece nelle mappe dell’ottocento veniva chiamata “Imperial Regia Villa e  Parco di Monza”, ha una  storia ben più complessa, asburgica, napoleonica e italica. E legata, non per caso,   a quella ultra millenaria  della città di Monza, “Sedes Magni Italiae Regni”, del Regno longobardo e della Corona ferrea,  ambita e indossata da decine di imperatori, da Carlo Magno a Napoleone Bonaparte.

Sembra che pochi, in città, se ne rendano conto. E le cose, com'è noto, viaggiano sulle gambe degli uomini.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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